Pochi giorni prima che i Brics si riunissero a Kazan e che in Moldavia si tenesse il referendum circa l’inserimento nella Costituzione di una clausola che eleva l’integrazione nell’Unione Europea al rango di obiettivo strategico, a pochi giorni di distanza dall’assassinio del segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah, Yahya Sinwar, uno dei vertici di Hamas considerato la “mente” dell’Operazione al-Aqsa Flood, è stato ucciso durante scontri tra l’Israeli Defense Force e le formazioni palestinesi. Al pari di Nasrallah, Sinwar rappresentava una figura dotata di enorme seguito tra la sua gente. La sua figura sembra pertanto destinata a ispirare molti giovani palestinesi, specialmente alla luce delle modalità che ne hanno caratterizzato la morte. La Casa Bianca ha fatto sapere in un comunicato stampa che «con l’aiuto della nostra intelligence, l’Idf ha inseguito senza sosta i leader di Hamas, stanandoli dai loro nascondigli e costringendoli alla fuga […]. La giornata di oggi, tuttavia, dimostra ancora una volta che nessun terrorista in nessuna parte del mondo può sfuggire alla giustizia, non importa quanto tempo ci vorrà. Per i miei amici israeliani, questo è senza dubbio un giorno di sollievo e di reminiscenza, simile alle scene che si sono viste in tutti gli Stati Uniti dopo che il presidente Obama ha ordinato il raid per uccidere Osama Bin Laden nel 2011. Israele ha tutto il diritto di eliminare la leadership e la struttura militare di Hamas. Hamas non è più in grado di realizzare un altro 7 ottobre». Parliamo di tutto questo assieme ad Elena Basile, scrittrice, saggista, editorialista e diplomatica di lungo corso con all’attivo esperienze in Svezia e Belgio in qualità di ambasciatrice.
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