Kiev è pronta a organizzare elezioni in Ucraina nei prossimi 60-90 giorni nel caso in cui i suoi alleati riuscissero a garantire la sicurezza del voto, ha dichiarato il presidente Zelensky in seguito alle critiche del suo omologo statunitense Trump. «Sono pronto per le elezioni in Ucraina», ha affermato Zelensky ai giornalisti mentre lasciava l’Italia dopo gli incontri con il primo ministro Meloni e Papa Leone.
«Non solo, chiedo – e lo dichiaro apertamente – agli Stati Uniti d’America di aiutarmi, insieme ai nostri colleghi europei, a garantire la sicurezza delle elezioni in Ucraina», ha aggiunto.
Elezioni in Ucraina e cessioni territoriali
L’apertura (il tema delle elezioni in Ucraina è caldissimo) scaturisce dalle forti pressioni esercitate dalla Casa Bianca affinché Kiev digerisca il piano di Washington. «L’Ucraina – ha dichiarato Trump – sta perdendo. Il presidente Zelensky dovrà cominciare a prenderne atto e ad accettare i termini dell’accordo».

Sul tema è tornato anche lo stesso Trump, che in una intervista a «Politico» ha dichiarato che «penso che dovrebbero tenersi elezioni in Ucraina. Stanno usando la guerra per non farle, ma penso che il popolo ucraino dovrebbe avere questa possibilità di scelta».
Secondo Mykola Azarov, primo ministro ucraino sotto la presidenza Janukovyč, nuove elezioni in Ucraina potrebbero non bastare a Trump. A suo avviso, gli Stati Uniti potrebbero destituire Zelensky qualora ostacolasse i negoziati con la Russia. «In questo momento, a quanto mi sembra, hanno bisogno di lui come un negoziatore al quale possono imporre alcune richieste e condizioni. Ma se le cose non dovessero andare nella maniera giusta, lo elimineranno e l’intera discussione si concluderà», ha dichiarato Azarov.
Secondo quanto riportato da «Axios» sulla base di confidenze rese da una fonte ucraina, l’ultima proposta avanzata dall’amministrazione Trump Stati Uniti contiene condizioni maggiormente penalizzanti per Kiev rispetto a quella originale. L’inasprimento rifletterebbe non meglio specificate intese raggiunte dai negoziatori russi con l’inviato speciale Witkoff e Steve Kushner durante la loro recente visita a Mosca.
Nello specifico, gli aspetti più severi riguarderebbero non tanto le elezioni in Ucraina, quanto le concessioni territoriali, la gestione della centrale nucleare di Zaporižžja e le garanzie di sicurezza per l’Ucraina.
Il funzionario ucraino ha inoltre affermato che gli europei stanno consigliando a Kiev di temporeggiare, nel tentativo di sottrarre Zelensky alle pressioni degli Stati Uniti che identificano le controparti nel “vecchio continente” come un ostacolo al raggiungimento di un’intesa.
La spaccatura tra Stati Uniti e Unione Europea traspare anche dal contenuto della National Security Strategy, che annovera tra i suoi punti fondamentali:
- interrompere le azioni militari in Ucraina;
- ripristinare la stabilità strategica con la Russia;
- ridisegnare la Nato in modo tale che cessi di essere vista come una «alleanza in costante espansione»;
- forzare l’Europa ad assumersi la responsabilità della propria difesa.
Il rappresentante repubblicano del Kentucky Thomas Massie si è addirittura spunto a presentare una proposta di legge per ritirare gli Stati Uniti dalla Nato. «La Nato – ha spiegato Massie – è una reliquia della Guerra Fredda. Gli Stati Uniti dovrebbero ritirarsi dalla Nato e usare quei fondi per difendere il nostro Paese, non i Paesi socialisti».
Parallelamente, scrive «Politico», il Belgio si è trasformato nel principale asset russo in quanto «il blocco disposto dal governo di Bruxelles al trasferimento dei beni russi a favore dell’Ucraina minaccia l’unità dell’Unione Europea». L’iniziativa belga, sostiene la pubblicazione, «ha messo in ginocchio la base dei partner europei dell’Ucraina e causato una reazione a catena di crisi proprio al cuore dell’Unione Europea».
Le autorità di Londra, invece, si starebbero preparando a trasferire all’Ucraina beni congelati della Russia per 8 miliardi di sterline, sostiene il «Times».
Sempre il «Times» riferisce che la decisione di sbloccare gli asset congelati della Russia verrà presa entro questa settimana o la prossima al massimo.
Secondo il quotidiano, la questione è stata discussa durante l’incontro a Londra tra il primo ministro Starmer, il presidente Macron, il presidente Zelensky e il cancelliere Merz.
Un accordo, asseriscono le fonti, «è molto vicino», e contemplerebbe l’assegnazione all’Ucraina di 100 miliardi di sterline garantite dagli asset russi congelati. I fondi saranno destinati all’assistenza militare o alla ricostruzione del Paese. Mosca considera qualsiasi azione sui suoi beni alla stregua di un furto e minaccia ritorsioni di vario genere.
Sul campo di battaglia ucraino, invece, la situazione è in continua evoluzione. Come scrive «Analisi Difesa»: «le ultime notizie giunte da Mosca riferiscono di nuovi rilevanti progressi conseguiti dalle truppe russe nei fronti di Kharkiv, Donec’k e Zaporižžja».
Nella regione di Kharkiv, «sembra ormai chiudersi l’accerchiamento delle truppe ucraine rimaste intrappolate a est di Kupyansk, tra il fiume Oskol e Podoly. In quest’area, dove il 7 dicembre i russi hanno conquistato Kucherivka, dovrebbero trovarsi una dozzina di battaglioni ucraini, o meglio quanto ne resta dopo l’estenuante battaglia combattuta in questo settore dove ieri gli ucraini hanno perduto un aereo da combattimento Su-27 della 39ª Brigata di Aviazione Tattica con la morte del pilota».
A livello diplomatico, si registra la conclusione della visita in India effettuata dal presidente Putin, accolto a Nuova Delhi dal suo omologo Modi con tutti gli onori riservati a un vecchio e fidato alleato.
La visita di due giorni, la prima del presidente russo in India dall’invasione dell’Ucraina nel 2022, ha messo in scena un’intesa personale tra i due leader, rilanciato l’obiettivo di portare il commercio bilaterale a 100 miliardi di dollari entro il 2030 e trasmesso un segnale inequivocabile: nonostante le sanzioni occidentali e le pressioni statunitensi, la partnership Russia-India resta solida.
Marc Innaro

Giornalista con all’attivo una lunga esperienza nella «Rai» come corrispondente estero, presso capitali come Mosca e il Cairo.
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