Recentemente, i rappresentanti di 53 Paesi africani più il presidente dell’Unione Africana si sono riuniti a Pechino, alla presenza di Xi Jinping e delle altre massime autorità cinesi, per presenziare al nono vertice del Forum of Chinese-African Cooperation (Focac). Per il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, il summit, nel corso del quale si è parlato di «unire le forze per promuovere la modernizzazione e costruire una comunità Cina-Africa di alto livello con un futuro condiviso», costituisce l’evento politico e diplomatico più rilevante degli ultimi anni. Da decenni, infatti, l’Africa riveste per la Cina una valenza strategica cruciale, sia in materia di cooperazione economica e commerciale, sia in campo geopolitico. Di qui l’impegno assunto pubblicamente da Xi Jinping a profondere, sotto forma di investimenti e sostegno finanziario, qualcosa come 50 miliardi di dollari in tre anni in tutti i settori economici del continente. Questa imponente cifra va a sommarsi ai 40 miliardi di dollari (tra crediti, finanziamenti al commercio, investimenti diretti e trasferimenti di diritti speciali di prelievo del Fondo Monetario Internazionale) che Pechino aveva concordato di elargire a favore dell’Africa in occasione del vertice interministeriale del Focac tenutosi a Dakar nel 2021. Durante l’incontro di Pechino, la Cina si è pubblicamente identificata come parte integrante del cosiddetto “Sud globale” e del grande gruppo dei Paesi in via di sviluppo, riaffermando la propria rigida osservanza del principio di non ingerenza negli affari interni delle nazioni straniere. Analizziamo questo importantissimo evento, sostanzialmente ignorato alle nostre latitudini, assieme a Davide Martinotti, studioso di mondo e cultura cinese stabilitosi ormai da tempo in Cina dove gestisce il canale YouTube «Dazibao».
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