Lo scorso marzo, il governo Meloni ha disposto tramite apposito decreto legge il blocco sia della commercializzazione dei crediti derivanti dai bonus edilizi ed energetici, sia degli sconti in fattura che risultavano ancora accessibili alla luce delle varie modifiche apportate alla legge originaria sul superbonus. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato che «queste misure sono tese a chiudere definitivamente la eccessiva generosità di una misura che ha causato gravi problemi alla finanza pubblica». Eppure, una fonte “insospettabile” come la nota – o meglio famigerata – agenzia di rating Fitch ha tessuto apertamente le odi dell’Italia, in quanto unico Paese in grado di «ridurre il proprio debito di quasi 20 punti percentuali di Pil rispetto al picco del 2020, e tra i pochi dell’eurozona ad aver riportato il rapporto debito/Pil ai livelli pre-pandemia». Effettivamente, in Italia il rapporto debito/Pil si è ridotto nel periodo 2020–2023 dal 154,1% al 134,6%, a fronte di un ridimensionamento pari ad appena il 4,3% registrato dalla Francia (dal 114,9% al 110,6%) a dispetto di un’inflazione cumulata nel periodo in questione dell’ordine del 12-13%, contro il 15-16% dell’Italia. In compenso, l’impatto del provvedimento assunto dal governo Meloni si è rivelato devastante sul piano socio-economico, come denunciato dalla Federazione Nazionale delle Progettazioni, Costruzioni e infrastrutture in una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri. Parliamo di tutto questo assieme a Stefano Sylos Labini, geologo, ricercatore e studioso di questioni legate alla moneta.
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