Nell’aprile 2023, il lobbista Frédéric Baldan depositò presso un tribunale di Liegi, una denuncia penale a carico della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen per corruzione, abuso di potere e distruzione di documenti.

Accuse pesantissime, quelle mosse da Frédéric Baldan, collegate alla trattativa segreta, condotta tramite scambio di sms, con l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla da cui è scaturito un accordo per la fornitura di dosi di vaccino durante la pandemia da Covid-19 per un controvalore di circa 35 miliardi di euro.
Per Frédéric Baldan, questo atteggiamento tenuto sotto la responsabilità della Von der Leyen «costituisce un attentato alla moralità pubblica, alla legittima fiducia dei cittadini europei, alla buona amministrazione e alla trasparenza». Di conseguenza, il lobbista ha richiesto 100.000 euro «a titolo di risarcimento del danno morale» causatogli.
Due mesi prima che Frédéric Baldan presentasse la denuncia, il «New York Times» aveva citato in giudizio la Commissione Europea per mancanza di trasparenza, in seguito alla mancata divulgazione degli sms tra la Von der Leyen e Bourla.
Lo scorso maggio, il Tribunale dell’Unione Europea, con sede in Lussemburgo, ha accolto le argomentazioni fornite dal «New York Times» e annullato contestualmente la decisione con cui la Commissione Europea aveva respinto l’accesso agli sms scambiati tra la Von der Leyen e Bourla. In particolare, la Commissione Europea è stata condannata per non aver fornito spiegazioni credibili riguardo alla irreperibilità degli sms.
Come riporta «EuNews», «nel pieno della crisi sanitaria, a novembre 2020, la Commissione e la sua presidente von der Leyen hanno iniziato a puntare sui sieri di Pfitzer – oltre a quelli di Moderna, AstraZeneca, Novavax – per dare il via all’imponente campagna vaccinale. A gennaio 2021, l’acquisto per 300 milioni di dosi Pfizer, a cui si aggiungono acquisti per ulteriori 100 milioni di dosi ad aprile. Pochi giorni dopo l’annuncio di un nuovo contratto. Tante dosi, tanti soldi in ballo. Matina Stevis-Gridness, giornalista del New York Times, chiede di visionare la corrispondenza tra i principali protagonisti di questa storia, la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer. Un accesso negato perché, sostiene Bruxelles, i messaggi di testo non sono disponibili».
La Commissione Europea «non nega lo scambio di messaggini tra von der Leyen e Bourla, sottolineando che si trattava di una “situazione senza precedenti” e che non esisteva al tempo alcuna legislazione per contratti di quel tipo con le industrie farmaceutiche. Ma i messaggini “servivano solo per velocizzare la comunicazione“, spiegano a Bruxelles. Non sono stati archiviati perché non contenevano nulla di rilevante».
La Von der Leyen condannata
Nella sentenza, «i giudici di Lussemburgo osservano che le risposte fornite dalla Commissione nel corso dell’intero procedimento in merito ai messaggi di testo richiesti si basano “o su ipotesi, oppure su informazioni mutevoli o imprecise“. D’altra parte, il quotidiano newyorkese ha presentato “elementi pertinenti e concordanti che descrivono l’esistenza di scambi, in particolare sotto forma di messaggi di testo, tra la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer nell’ambito dell’acquisto di vaccini durante la pandemia di Covid-19».
La Commissione Europea, «non ha spiegato in dettaglio quale tipo di ricerche avrebbe effettuato per trovare tali documenti» e in generale «non ha fornito spiegazioni plausibili per giustificare il non possesso» degli Sms incriminati.
Un altro passaggio fondamentale: «la Commissione non ha chiarito se i messaggi tra Von der Leyen e Bourla fossero stati eliminati e se l’eliminazione sia stata effettuata “volontariamente o automaticamente”. E se il telefono della leader Ue “sia stato nel frattempo sostituito”. La difesa della Commissione fa acqua da tutte le parti, dal momento che – rileva ancora il Tribunale – “non ha neppure spiegato in modo plausibile perché essa avrebbe ritenuto che i messaggi di testo scambiati non contenessero informazioni sostanziali“».
Lo scorso ottobre, Baldan ha denunciato che le banche belghe Ing e Nagelmackers avevano disposto la chiusura del suo conto corrente personale, di quelli della sua famiglia, di quello facente capo alla sua società di consulenza, del conto di risparmio di suo figlio di cinque anni. Nonché del conto della Rights and Freedom Press, la casa editrice che detiene i diritti del suo libro Ursula Gates, in cui si esamina l’enorme influenza delle lobby sulla Commissione Europea sotto la gestione Von der Leyen.

Il quotidiano «Berliner Zeitung» annovera tra le ipotesi plausibili che si sia trattato di una rappresaglia per il suo lavoro, o di una intimidazione volta a mettere in guardia possibili “emulatori” che intendano mettere in discussione anche per vie legali l’operato della Commissione Europea.
Nei giorni scorsi, intanto, la stessa Von der Leyen è uscita sonoramente sconfitta dal vertice del Consiglio Europeo del 18-19 dicembre, in cui si è stabilita la marginalizzazione della proposta di utilizzo dei beni russi come garanzia per la concessione di un prestito a beneficio di Kiev che era stata predisposta dalla Commissione Europea.
Marcello Foa

Giornalista, saggista, ex presidente della «Rai» e docente di comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano e all’Università della Svizzera italiana di Lugano. È autore di numerosi volumi, tra cui Gli stregoni della notizia. Come si fabbrica informazione al servizio dei governi (Guerini e Associati, 2018), Il sistema (in)visibile. Perché non siamo più padroni del nostro destino (Guerini e Associati, 2022), e La società del ricatto. E come difendersi (Guerini e Associati, 2025).
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