Nei giorni scorsi, l’Unione Europea ha adottato il 19° pacchetto di sanzioni contro la Russia. Le nuove misure punitive si concentrano sul settore energetico e bancario. Ha invece evitato di procedere alla confisca e al riutilizzo, sotto forma di prestiti all’Ucraina, dei beni di proprietà della Bank of Russia depositati presso istituzioni finanziarie europee.
Ciononostante, scrive la rivista «Politico», i vertici dell’Unione Europea stanno cercando di creare consenso attorno alla confisca dei beni russi. L’idea è quella di spingere i governi riluttanti a un radicale riposizionamento. Non sussistono quindi, nell’ottica della Commissione Europea, soluzioni alternative per assicurare adeguato sostegno all’Ucraina. «Quei 140 miliardi di euro di beni russi rappresentano un ammontare colossale di denaro che dobbiamo usare. Siamo chiamati a dimostrare che non abbiamo paura», ha pertanto affermato Karel Lannoo dell’influente think-tank con sede a Bruxelles Centre for European Policy Studies.
Parallelamente, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro la Russia, dirette contro le compagnie petrolifere Rosneft e Lukoil. Senza però, a quanto pare, ottenere l’auspicata interruzione degli acquisti via mare di petrolio russo da parte di India e Cina. Paesi, questi ultimi, che sembrano invece orientati a consolidare le relazioni con Mosca.
In compenso, l’amministrazione Trump è riuscita a concordare con Pechino una tregua commerciale della durata di un anno, che stabilizza i rispettivi regimi tariffari, riattiva le importazioni cinesi di soia statunitense e sospende la restrizioni sull’impiego delle terre rare di provenienza cinese precedentemente imposte dall’ex Celeste Impero.
Demostenes Floros
Le sanzioni colpiranno Europa e Stati Uniti, non la Russia 4