Tra gli anni ’80 e ’90, Bettino Craxi formulò una serie di riflessioni in merito alle grandi questioni che, di lì a breve, avrebbero condizionato pesantemente il futuro del continente europeo in generale e dell’Italia in particolare. Le radici profonde dell’immigrazione dall’Africa settentrionale, il progressivo e artificioso deterioramento dei rapporti con il mondo musulmano, le storture prodotte dal colonialismo e dal post-colonialismo, la necessità di riscoprire e valorizzare la dimensione mediterranea dell’Italia sono i principali temi toccati da Craxi nel corso degli anni, di concerto con il ruolo della struttura tecnocratica dell’Unione Europea e della moneta unica. Nel 1997, dal suo “esilio” di Hammamet, Craxi pose pesantemente l’accento sulla necessità di sfatare i miti fondanti che avevano guidato il processo di integrazione europea, affermando che «si parla dell’Europa come di un paradiso terrestre… Ma al massimo sarà un limbo, nella peggiore delle ipotesi un inferno». E aggiungendo che «Maastricht non è la Bibbia, non è scolpito nella pietra. Quei parametri furono scritti in un momento specifico, con previsioni che oggi appaiono obsolete. La realtà di oggi è molto più complessa, più dura da gestire se non si vogliono creare fratture insanabili». La sua conclusione non lasciava spazio a fraintendimenti di sorta: «bisogna riflettere su ciò che si sta facendo. Perché la cosa più ragionevole di tutte era quello di richiedere e di pretendere, essendo noi un grande Paese – perché se l’Italia ha bisogno dell’Europa l’Europa ha bisogno dell’Italia – la rinegoziazione dei parametri di Maastricht». Solo cinque anni prima che Craxi pronunciasse queste valutazioni, l’Italia era finita al centro di un complesso progetto di spoliazione che, passando per gli attentati di Capaci e Via D’Amelio, la famigerata riunione sul panfilo Britannia, l’attacco speculativo contro la lira guidato da George Soros e l’avvio dei processi di privatizzazione, ha letteralmente segato le gambe al nostro Paese. Parliamo di tutto questo assieme a Marco Pugliese, matematico, giornalista, docente universitario e direttore di «Open Industria».
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