Nei giorni scorsi, la Russia ha testato il missile Burevestnik (nome in codice Nato Ssc-X-9 Skyfall). Lo ha annunciato il presidente Putin, a circa un anno di distanza dall’impiego del missile Orešnik contro un impianto produttivo ucraino a Dnipro.

Si tratta di un missile da crociera a propulsione nucleare, lanciabile da vari tipi di piattaforme e in grado di trasportare testate nucleari operando a una quota compresa tra i 25 e i 100 metri. Il generale Valerij Gerasimov, Capo di Stato Maggiore delle forze armate russe, ha riferito che il missile Burevestnik aveva percorso nell’ambito del test ben 14.000 km in circa 15 ore.
La Nuclear Threat Initiative ha osservato che il Burevestnik potrebbe rimanere in volo per giorni, orbitando intorno al globo a bassa quota e sganciando testate nucleari in modo imprevedibile. Tuttavia, alcuni esperti sottolineano che la velocità subsonica del missile potrebbe effettivamente renderlo rilevabile, e quindi vulnerabile agli intercettori nemici.
«Si tratta di un’arma unica che nessun altro al mondo possiede», ha affermato Putin in tenuta mimetica durante un incontro con i generali che sovrintendono alla guerra in Ucraina. Il presidente russo ha inoltre presentato il missile come una risposta alle iniziative degli Stati Uniti volte alla costruzione di uno scudo di difesa missilistica. Iniziative implementate in seguito al ritiro unilateralmente dal Trattato Abm (in vigore dal 1972 nel 2001) sotto la presidenza Bush jr.

La tempistica che caratterizza il test missilistico configura la messa a punto del Burevestnik come un segnale inequivocabile inviato dalla Russia all’intero Occidente, e al presidente Trump in particolare.
Il percorso di sviluppo del Burevestnik ha in ogni caso registrato numerosi problemi, tra cui un incidente verificatosi nel 2019 che ha causato cinque vittime.
Tiziano Ciocchetti

Storico e analista militare specializzato in armamenti sia nazionali che esteri.
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