In occasione del ricevimento dei Cavalieri del Lavoro tenutosi al Quirinale lo scorso 30 ottobre, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato che «l’Italia è tornata a crescere. Se consideriamo gli ultimi cinque anni, il Pil nazionale è aumentato percentualmente più di quelli francese e tedesco. L’occupazione cresce, e così i contratti di lavoro a tempo indeterminato […]. I dati di Bankitalia certificano un balzo del nostro Paese: la posizione netta sull’estero, a giugno di quest’anno, era creditoria per circa 225 miliardi di euro. Una dimensione enorme: il 10,5% del Pil […]. L’Italia non è seconda ad alcuno se – dato del 2021 – si registravano, nelle fabbriche, 13,4 robot ogni 1.000 addetti, rispetto ai 12,6 in Germania e ai 9,2 della Francia. Occorre perseverare nella lungimiranza, col coraggio di disegnare il domani. Il domani, non soltanto il presente». Secondo l’inquilino del Colle è quindi «irragionevole che questo risultato non venga notato dalle agenzie di rating nel valutare prospettive e affidabilità dell’economia italiana». Un’arringa difensiva decisamente irrituale, anche perché pronunciata in coincidenza con la pubblicazione di dati economici attestanti l’impossibilità del nostro Paese di conseguire gli obiettivi di crescita fissati dal governo. Quale logica seguono le esternazioni del Capo dello Stato? Cerchiamo di comprenderlo assieme ad Alessandro Volpi, saggista e docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa.
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