Mentre l’Unione Europea si riarma a livello sia comunitario che nazionale, con il cancelliere in pectore Friedrich Merz che cerca i numeri al Bundestag per lanciare un programma addirittura più ambizioso rispetto a quello annunciato dalla presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, le forze armate russe continuano la loro avanzata in territorio ucraino e, soprattutto, nell’oblast’ di Kursk. Qui, stando alle notizie lasciate trapelare da fonti russe, alcune decine di ufficiali riconducibili a Paesi della Nato sarebbero rimasti intrappolati in un calderone assieme a migliaia di soldati ucraini che il presidente Trump sta cercando di trarre in salvo attraverso una meticolosa opera di persuasione nei confronti del presidente Putin. Il destino delle truppe ucraine e dei quadri militari della Nato di cui è stata segnalata la presenza in territorio russo potrebbe rivelarsi uno degli argomenti trattati nel corso dei colloqui tra i negoziatori russi e l’inviato speciale di Trump Steve Witkoff, recatosi a Mosca per discutere con le controparti la proposta di tregua definita a Jeddah con la delegazione ucraina. Le discussioni sembrano essersi rivelate funzionali a dissodare il terreno per l’instaurazione di un dialogo diretto tra Trump e Putin, da cui dipenderà l’esito finale delle trattative. Parliamo di tutto questo assieme a Marco Bertolini, generale di corpo d’armata, saggista e collaboratore della rivista «Analisi Difesa» con all’attivo incarichi in numerosi teatri operativi, tra i quali Libano, Somalia, Balcani e Afghanistan.
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