Lo scorso 3 ottobre il nuovo segretario generale della Nato, l’olandese Mark Rutte, ha dichiarato che «il percorso dell’Ucraina verso la Nato è irreversibile», e che l’Ucraina «non è mai stata così vicina alla Nato». Rutte, in conferenza stampa a Kiev con il presidente Zelen’skyj, ha aggiunto che «arriverà il giorno in cui l’Ucraina sarà membro a pieno titolo della Nato e la Russia non ha diritto di voto né di veto in merito». Si tratta di esternazioni conformi al cosiddetto “Piano per la Vittoria” presentato recentissimamente alla Verkhovna Rada da Zelen’skyj stesso, ma profondamente dissonanti con l’andamento delle operazioni sul campo di battaglia, dove gli avanzamenti costanti e generalizzati da parte delle forze armate russe non inducono di certo il Cremlino verso l’accettazione di compromessi al ribasso. Per il politologo russo Rotislav Iščenko, «ogni frammento dell’Ucraina non sottoposto al diretto controllo russo rappresenterà una minaccia costante in futuro. L’Occidente prima o poi ripristinerebbe il potere militare di quel che rimane dell’Ucraina e la utilizzerebbe di nuovo per una guerra contro il nostro Paese». Secondo il deputato della Duma di Stato della Federazione Russa Oleg Matveyčev, invece, Mosca dovrebbe abbandonare l’Ucraina con i suoi problemi agli occidentali. A suo avviso, il sostentamento di questo Paese distrutto e profondamente ostile rappresenterebbe un pesante fardello per l’economia russa della Russia. Meglio quindi trasferirlo sugli Stati Uniti e i loro alleati europei. Che destino si staglia dinnanzi all’Ucraina? Proviamo a comprenderlo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore del magazine «Analisi Difesa».
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