Mentre le operazioni militari israeliane a Gaza City procedono coperte dal segreto militare e il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich conferma pubblicamente che il progetto per la ricostruzione della Striscia, definito una potenziale “miniera d’oro”, è oggetto di discussioni con gli Stati Uniti. L’Unione Europea ha reagito imponendo sanzioni di impatto alquanto contenuto contro Israele, che solo pochi giorni fa ha colpito nel cuore del Qatar alcuni esponenti di Hamas riunitisi per discutere l’ennesima proposta di tregua avanzata dall’amministrazione Trump. Quest’ultima ha cercato assai maldestramente di legittimare l’accaduto, accampando giustificazioni risultate indigeribili sia per il Qatar che per gli altri Paesi della regione, che pianificano la costruzione di una sorta di sistema di difesa comune. A partire dall’Arabia Saudita, che lo scorso 17 settembre ha siglato con il Pakistan un accordo di mutua difesa che impegna ciascun contraente a considerare un attacco contro l’altro alla stregua di un’aggressione contro entrambi. L’intesa si inserisce nel contesto di un più ampio processo di ridefinizione degli equilibri mediorientali da cui potrebbero scaturire cambiamenti alquanto significativi sotto il profilo geostrategico. Sullo sfondo, il premier Netanyahu smentisce qualsiasi ipotesi di coinvolgimento israeliano nell’assassinio di Charlie Kirk.
Roberto Iannuzzi

Arabista, saggista, analista geopolitico e gestore del sito «Intelligence for the People». È autore dei volumi Geopolitica del collasso. Iran, Siria e Medio Oriente nel contesto della crisi globale (Castelvecchi, 2014), Se Washington perde il controllo. Crisi dell’unipolarismo americano in Medio Oriente e nel mondo (Castelvecchi, 2017), e Il 7 ottobre tra verità e propaganda. L’attacco di Hamas e i punti oscuri della narrazione israeliana (Fazi, 2024).
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