Nel corso di una recente intervista rilasciata all’«Economist», il presidente finlandese Alexander Stubb ha chiarito il contenuto delle sibilline affermazioni che aveva reso giorni prima presso lo Studio Ovale. Rivolgendosi al presidente Trump, Stubb aveva dichiarato che «veniamo da un piccolo Paese, ma abbiamo un lungo confine con la Russia, oltre 1.200 km. E, naturalmente, abbiamo la nostra esperienza storica con la Russia, risalente alla Seconda Guerra Mondiale, alla Guerra d’Inverno e alla Guerra di Continuazione. E se guardo al lato positivo della nostra situazione attuale, abbiamo trovato una soluzione nel 1944 e sono sicuro che saremo in grado di trovarla anche nel 2025, per porre fine alla guerra di aggressione russa e raggiungere una pace duratura e giusta». La “soluzione” che fu trovata nel 1944, a cui Stubb fa riferimento, consistette, oltre che nel pagamento di pesanti riparazioni di guerra, nella cessione all’Unione Sovietica di gran parte dell’istmo di Carelia e delle regioni di Salla e Petsamo, con conseguente perdita dello sbocco sul Mar Glaciale Artico. Ciononostante, ha evidenziato Stubb nell’intervista, la Finlandia attuale «sente di aver vinto» perché rivelatasi capace di preservare la propria indipendenza. «Priva di qualsiasi garanzia di sicurezza da parte dell’Occidente o di chiunque altro, la Finlandia esercitò questa indipendenza non diventando anti-russa – il che avrebbe quasi certamente portato a un’altra invasione – ma costruendo uno dei Paesi più prosperi d’Europa. In politica e nei media, la Finlandia ha accuratamente evitato qualsiasi cosa potesse irritare Mosca». Per la maggior parte degli stranieri, quella che è diventata nota come “finlandizzazione” rappresentava una forma servile di pacificazione. Per Stubb e la maggior parte dei suoi connazionali, invece, «era la definizione di realpolitik in un momento in cui non avevamo scelta. Ha permesso alla Finlandia di attenersi ai suoi valori fondamentali: istruzione universale, welfare e stato di diritto». Secondo Stubb, l’Ucraina oggi si trova in una posizione migliore rispetto a quella in cui versava la Finlandia nel 1944: «un Paese devastato e poverissimo» privo di qualsiasi sostegno esterno. L’Ucraina, invece, può contare su alleati che lavorano per garantirle sicurezza e la sostengono economicamente. L’Ucraina, conclude Stubb, «può continuare a rivangare il passato e lamentarsi dell’ingiustizia del mondo esterno, o raccogliere i pezzi, ricostruire e credere nel proprio futuro, sradicando la corruzione, promuovendo la libertà e la giustizia sociale e sconfiggendo il cinismo. Questa è la scelta che la attende». Dichiarazioni significative, che proiettano un’ombra lunga sulle recenti decisioni assunte dalla Finlandia ma che delineano allo stesso tempo prospettive inconcepibili solo poche settimane fa. Il tutto mentre gli Stati Uniti, scrive «Politico», predispongono un radicale riposizionamento strategico. Lo si ricava dalle confidenze rese alla rivista da ben tre funzionari statunitensi dotati di accesso diretto alla bozza della National Defense Strategy per il 2025, in cui si attribuisce la priorità alla tutela degli interessi statunitensi nell’emisfero occidentale rispetto alla gestione della “minaccia cinese”.
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