Mentre la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen annuncia ReArm Europe, il cancelliere in pectore Friedrich Merz ottiene dal vecchio Bundestag i numeri necessari a emendare la Costituzione tedesca e autorizzare il governo a espandere la propria capacità di indebitamento in misura pressoché illimitata al fine di sostenere un piano di riarmo da quasi un trilione di euro. Rheinmetall, fiutata l’aria che tira, ha implementato un piano di conversione dei propri stabilimenti preposti alla produzione civile in fabbriche di materiale bellico. La decisione, spiegano i vertici dell’azienda, scaturisce dalla forte domanda di attrezzature belliche a livello sia domestico sia internazionale, come certificato dall’aumento dell’utile operativo nel settore delle armi e munizioni (pressoché raddoppiato a 339 milioni di euro nei primi nove mesi del 2024), mentre la divisione automobilistica calava del 3,8%. Volkswagen, identificata fino a ieri come l’emblema globale della Germania, ha accusato una caduta di gran lunga più pesante (pari al 30,6% su base annua). Così pesante da indurre il consiglio d’amministrazione della società ad annunciare la propria disponibilità a sostenere l’incremento della produzione bellica richiesto dai programmi tedeschi, valutando l’opportunità di cedere alcuni stabilimenti inattivi di proprietà proprio a Rheinmetall, che li convertirebbe in fabbriche di materiale militare. Il processo non è confinato alla sola Germania. A febbraio, il governo danese ha dichiarato che avrebbe incrementato il bilancio per la difesa a oltre il 3% del Pil nel prossimo biennio. Il Regno Unito ha invece delineato un ruolino di marcia inteso ad aumentare la spesa militare al 2,5% del Pil entro il 2027. Anche l’Italia sta orientandosi nella stessa direzione, con l’esecutivo Meloni che ha convocato alla Camera il presidente di Stellantis, John Elkann, per valutare l’integrazione del gruppo nel programma governativo di riconversione dell’industria automobilistica verso settori ad alto potenziale di sicurezza come la difesa. Ne parliamo assieme ad Alessandro Volpi, saggista, collaboratore di «Altraeconomia» e «Valori» e docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa.
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