La scorsa settimana, il governo di Caracas ha richiesto la convocazione di una seduta di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite focalizzata sulle iniziative militari statunitensi nelle acque del Mar dei Caraibi prospicienti le coste venezuelane. I portavoce dell’esecutivo bolivariano guidato dal presidente Maduro hanno ripetutamente parlato di crescenti minacce da parte degli Stati Uniti, con particolare riferimento ai molteplici attacchi arbitrari portati contro imbarcazioni al largo del Venezuela associate senza alcuna prova ad attività di narcotraffico. Il timore di Caracas è che il consolidamento dei dispositivi militari statunitensi nei Caraibi, il conferimento del Premio Nobel per la Pace a Maria Corina Machado e l’interruzione delle trattative con l’inviato speciale Grenell imposta dal presidente Trump rappresentino il preludio a una “operazione armata” contro il Venezuela. Secondo l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite Vassilij Nebenzja, il Venezuela ha tutte le ragioni per ritenere che gli Stati Uniti siano pronti a passare dalle minacce all’azione nei suoi confronti. Esternazioni dello stesso tenore sono state formulate dall’inviato cinese presso le Nazioni Unite Fu Cong. Parallelamente, durante una visita a Londra, il ministro degli Esteri polacco Sikorski ha rinnovato il suo auspicio che l’amministrazione Trump fornisca a Kiev gli agognati missili Tomahawk, e dichiarato che l’Occidente dovrà finanziare lo sforzo bellico dell’Ucraina «per almeno tre anni». Solo allora «la Russia potrà essere costretta a cambiare rotta». Gli ha fatto eco il segretario alla Guerra Hegseth, che dal quartier generale della Nato di Bruxelles ha riaffermato il concetto di “pace attraverso la forza” ed esortato contestualmente i Paesi membri dell’Alleanza Atlantica a destinare risorse crescenti per l’acquisto di armi statunitensi da trasferire a Kiev. A suo avviso, solo aumentando la potenza militare ucraina «si possono avvicinare prospettive di pace».
Gianandrea Gaiani

Giornalista, saggista e direttore della rivista «Analisi Difesa». Dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. È autore di numerosi volumi, tra cui Immigrazione. La grande farsa umanitaria (Aracne Editrice, 2017) e L’ultima guerra contro l’Europa. Come e perché tra Russia, Ucraina e Nato le vittime designate siamo noi (Il Cerchio, 2023).
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