Mentre l’Unione Europea si riarma a livello sia comunitario che nazionale tentando parallelamente di definire una improbabile postura comune in funzione anti-russa, le forze armate russe continuano la loro avanzata in territorio ucraino e, soprattutto, nell’oblast’ di Kursk. I presidenti Trump e Putin si sono sentiti telefonicamente, nell’ambito di una lunga discussione da cui, stando a quanto trapelato finora, sarebbe emersa una convergenza di punti di vista in merito alla necessità di porre fine al conflitto attraverso una pace duratura, e un’intesa di massima circa l’interruzione degli attacchi contro infrastrutture critiche. Questi primi segnali di apertura hanno aperto il varco alla ripresa dei negoziati in Arabia Saudita, da cui gli Stati Uniti sperano di ricavare una tregua e un netto miglioramento delle relazioni con la Russia funzionale alla stabilizzazione dello scenario mediorientale. Quadrante, quest’ultimo, dove si registra la ripresa delle ostilità tra le forze israeliane e i gruppi armati palestinesi, il rientro di Ben-Gvir nel governo, il licenziamento del direttore dello Shin Bet Ronen Bar ad opera del premier Netanyahu, la riattivazione del processo di riforma giudiziaria, la crescita delle proteste di piazza contro l’esecutivo e la ripresa dei raid Usa contro gli Houthi yemeniti, i quali non manifestano tuttavia alcun segnale di cedimento. Il presidente Trump, dal canto suo, ha annunciato che riterrà l’Iran responsabile per qualsiasi operazione che gli Houthi dovessero lanciare d’ora in poi, dopo aver fatto pervenire una lettera alla Guida Suprema Ali Khamenei in cui si sottolineava la necessità di un nuovo accordo sul nucleare iraniano, da formalizzare entro due mesi. Parliamo di tutto questo assieme a Roberto Iannuzzi, arabista, saggista, analista geopolitico e gestore del sito «Intelligence for the People».
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