Nei giorni scorsi, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha delineato i contorni di un disegno di legge volto a reintrodurre il servizio di leva in Italia.
La bozza, annunciata a Parigi durante un incontro con il ministro della Difesa francese Catherine Vautrin, contempla il ripristino della leva in Italia e la costituzione di una riserva ausiliaria di almeno 10.000 unità, con l’obiettivo di raggiungere quota 30-35.000 in una prospettiva di medio periodo.

Questa forza, da creare attraverso il ripristino della leva in Italia, andrebbe a integrare gli attuali organici delle Forze Armate che allo stato attuale contano circa 170.000 militari in servizio. Un numero giudicato insufficiente da Crosetto, specialmente alla luce del sempre più instabile contesto internazionale.
Come ha dichiarato il ministro ricollegandosi all’introduzione della leva militare volontaria in Francia annunciata dal presidente Macron: «penso di proporre, prima in Consiglio dei Ministri e poi in Parlamento, una bozza di disegno di legge da discutere che garantisca la difesa del Paese nei prossimi anni e che non parlerà soltanto di numero di militari ma proprio di organizzazione e di regole».
Si tratta di «uno schema che in qualche modo non è molto diverso da quello tedesco perché prevede una volontarietà: quello tedesco ha un automatismo che scatta, quello francese da quanto leggo no, è totalmente volontario».
Il ministro ha espresso convinzione che «se la visione che noi abbiamo del futuro è una visione nella quale c’è minore sicurezza, allora va fatta una riflessione sul numero delle forze armate, sulla riserva che potremmo mettere in campo in caso di situazioni di crisi. Negli anni scorsi, noi abbiamo costruito modelli di leva in Italia, Germania e Francia che riducevano il numero dei militari. In questa nuova situazione tutte le nazioni, non soltanto le nazioni europee, mettono in discussione quei modelli che avevamo costruito 10-15 anni fa e tutti stanno pensando di aumentare il numero delle forze armate».
La leva in Italia; e negli altri Paesi europei?
Riflettendo sulla proposta di istituire la leva in Italia, Crosetto ha quindi aggiunto che «ognuno ha un suo approccio diverso, alcuni hanno addirittura ripristinato la leva. Sapete che in alcuni Paesi come la Svizzera la parte della riserva in qualche modo comprende tutti i cittadini fino a oltre 50 anni. Lo stesso sistema di Israele, ma la Svizzera è da 500 anni che non ha una guerra».

Ne consegue che «anche noi in Italia dovremmo porci il tema di una riflessione che in qualche modo archivi le scelte fatte di riduzione dello strumento militare e in qualche modo porti a un suo aumento: ci sono motivi di sicurezza che secondo me rendono importante farlo», e quindi restaurare il modello della leva in Italia.
Sulla scia del conflitto russo-ucraino, diversi Paesi europei hanno effettivamente riattivato o esteso la leva militare. La Lettonia ha reintrodotto nel 2023 il National Defence Service, emulando l’esempio fornito dalla Lituania nel 2015 e della Svezia nel 2017 adottando un sistema selettivo tramite sorteggio. La Croazia ha introdotto una leva breve implicante un addestramento di base con opzione civile. Paesi come Austria, Cipro, Estonia, Finlandia e Grecia, invece, mantengono ormai da tempo la coscrizione obbligatoria, sebbene con modalità differenti. Nel complesso, «l’Europa settentrionale e orientale guida il ritorno alla leva come risposta al clima di insicurezza, decisioni spesso assunte quali esplicite risposte alla percezione di vulnerabilità, specialmente negli Stati vicini alla frontiera orientale».
Diverso è l’approccio «di Paesi come Francia, Regno Unito e Spagna, che mantengono forze armate interamente professionali e non prevedono alcuna forma di chiamata militare obbligatoria. In Francia, la coscrizione è stata sospesa nel 1997 e sostituita, dal 2019, dal Service National Universel, programma civile non obbligatorio destinato ai giovani tra 15 e 17 anni, orientato all’educazione civica e alla coesione nazionale. Il Regno Unito ha abolito il National Service nel 1960 e da allora si affida esclusivamente a un esercito professionale. Anche la Spagna ha sospeso la leva nel 2001».
Come spiega «Analisi Difesa: «il tema della leva in Italia su base volontaria, che vedrebbe presumibilmente anche da noi il divieto di impiego delle reclute in missioni oltremare, si affianca a quello dell’istituzione di una riserva composta da ex militari richiamabili per attività addestrative alcune settimane all’anno e mobilitabili in caso di necessità».
Inoltre, «la riserva – una volta reclutata, formata e periodicamente addestrata – potrebbe essere composta da ex militari o personale con determinate specifiche (sempre su base volontaria), impiegabile nei casi di necessità durante conflitti e crisi internazionali, non impiegati sul fronte dei teatri operativi ma per il supporto logistico e la cooperazione, senza escludere interventi anche in caso di calamità come già avviene per i militari. Si tratterebbe di professionisti a disposizione del Paese, sempre aggiornati con addestramenti periodici e da attivare in determinati casi».
Il ripristino di riserva e leva in Italia «contribuirebbe quindi almeno in parte ad innalzare il numero degli effettivi delle tre Forze, oggi composte da circa 160.000 uomini e donne, ritenuti insufficienti dagli stati maggiori di fronte alle sfide dei nostri giorni e a fronte delle difficoltà, riscontrate in tutto l’Occidente, ad aumentare gli organici professionistici che vedono poche persone arruolarsi e un numero crescente di militari in servizio permanente effettivo lasciare i ranghi preferendo impieghi civili».
La proposta di ripristinare la leva in Italia riapre un dibattito che irrompe ciclicamente nel nostro Paese.
Tiziano Ciocchetti

Storico e analista militare specializzato in armamenti sia nazionali che esteri.
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