Nella seduta del 23 luglio, il Senato della Repubblica ha approvato, in prima lettura e con 161 voti favorevoli, il disegno di legge d’iniziativa del governo denominato Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime. Il provvedimento, trasmesso alla Camera per l’esame, introduce nel codice penale il nuovo articolo 577-bis, secondo cui «chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali è punito con la pena dell’ergastolo. Fuori dei casi di cui al primo periodo si applica l’articolo 575. Si applicano le circostanze aggravanti di cui agli articoli 576 e 577. Quando ricorre una sola circostanza attenuante ovvero quando una circostanza attenuante concorre con taluna delle circostanze aggravanti di cui al secondo comma, e la prima è ritenuta prevalente, la pena non può essere inferiore ad anni ventiquattro. Quando ricorrono più circostanze attenuanti, ovvero quando più circostanze attenuanti concorrono con taluna delle circostanze aggravanti di cui al secondo comma, e le prime sono ritenute prevalenti, la pena non può essere inferiore ad anni quindici». Il primo ministro Giorgia Meloni ha accolto con «particolare soddisfazione» il pronunciamento del Senato, e dichiarato che «l’Italia è tra le prime nazioni a percorrere questa strada, siamo convinti possa contribuire a combattere una piaga intollerabile». A motivare la legge sarebbe quindi la necessità di rafforzare la deterrenza, a fronte di una supposta diffusione del fenomeno alimentata a livello di percezione generalizzata dall’eco mediatica concessa a recenti casi di cronaca particolarmente efferati. I dati forniti dall’Istat relativi al 2023 dipingono un quadro molto meno “apocalittico” rispetto a quello confezionati dai grandi mezzi di comunicazione e dalle forze politiche che si muovono di conseguenza. Valeria Torre, docente di Diritto penale presso l’Università di Foggia e cofirmataria di un appello contro il disegno di legge sottoscritto lo scorso maggio da altre 76 giuriste italiane, sostiene in proposito che «nella relazione di accompagnamento si parla di un’urgenza criminologica che non c’è. Non voglio valutare il problema della violenza sulle donne dal dato quantitativo ma in Italia le vittime donne di omicidio sono diminuite come sono diminuite anche le vittime uomini. Poi c’è anche un problema di cosa qualifichiamo come femminicidio, perché non tutte le uccisioni di una donna possono essere considerati tali. Si ribadisce da più parti che questa legge dovrebbe avere una funzione culturale promozionale ma mi consenta di dire che col diritto penale non si promuove cultura, tanto meno con la minaccia della sanzione dell’ergastolo come pena fissa. Perché in questo si svela una strumentalizzazione del reo per fini politico-criminali». E aggiunge: «anche senza il femminicidio come fattispecie autonoma, ma con il reato di omicidio e le altre disposizioni previste dal Codice rosso e interventi normativi degli ultimi anni, si può già cogliere sul piano sanzionatorio la gravità dell’uccisione di una donna in quanto tale. E si può applicare la pena dell’ergastolo». Osserva infine che: «introdurre un reato autonomo di femminicidio può anche essere plausibile ma la norma penale deve rispettare i canoni della tassatività e della determinatezza. Legare la fattispecie all’odio e alla discriminazione significa lasciare al giudice decidere su aspetti che sono soggettivi e che in sede di processo possono non venire poi effettivamente provati. L’estrema soggettivizzazione è incompatibile col principio di materialità proprio del diritto penale che tutela beni giuridici e non colpisce le intenzioni».
Aldo Rocco Vitale

Saggista e professore di Filosofia del diritto presso l’Università Europea di Roma e visiting Professor presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. È autore di numerosi volumi, tra cui Introduzione alla bioetica. Temi e problemi attuali (Il Cerchio, 2019), All’ombra del Covid-19. Guida critica e biogiuridica alla tragedia della pandemia (Il Cerchio, 2022), Il contrappasso come tema di filosofia del diritto (Franco Angeli, 2022).
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