Lo scorso mercoledì 21 aggio, l’asta attraverso cui il Dipartimento del Tesoro pianificava di collocare Treasury Bond a scadenza ventennale per un controvalore di 16 miliardi di dollari si è risolta in un sostanziale insuccesso. L’atteggiamento improntato alla freddezza tenuto dagli investitori istituzionali ha obbligato il Tesoro a corrispondere interessi pari al 5,047% sui titoli per garantirne il piazzamento, intensificando le ulteriormente pressioni al rialzo sui rendimenti dei Treasury a 20 anni, saliti nelle ore successive a quota 5,128%, il livello più alto da novembre 2023. Anche gli interessi sui titoli a 10 anni e a 30 anni stanno disegnando una traiettoria ondivaga ma tendenzialmente ascendente, nonostante la recente “tregua tariffaria” raggiunta con la Cina. L’effetto catalizzatore alla base della débâcle è dato dal declassamento operato il venerdì precedente da Moody’s, che ha sottratto la massima valutazione (AAA) al debito federale statunitense per la prima volta dal 1919 allineandosi ai pronunciamenti della stessa natura formalizzati da Standard & Poor’s (che declassò il debito Usa nel 2011) e Fitch (che declassò il debito Usa nel 2023). Vale a dire le grandi agenzie di rating controllate de facto dalla “triade” composta da BlackRock, Vanguard e State Street, protagonista di un conflitto senza esclusione di colpi con l’amministrazione Trump. Il giudizio di Moody’s nasce dall’impressione che «la pur sussistente forza economica e finanziaria degli Usa non compensa più il declino dei parametri fiscali». Più specificamente, il debito federale, che nel quarto trimestre del 2024 ha varcato la soglia critica dei 36.000 miliardi di dollari, sta continuando a crescere vertiginosamente per effetto dell’incremento costante e apparentemente inarrestabile del deficit di bilancio, che nell’ottica dell’agenzia di rating continuerà ad aumentare «trainato principalmente dall’aumento degli oneri legati al pagamento degli interessi sul debito, dalla crescita della spesa per prestazioni sociali e da un livello relativamente basso di entrate fiscali». Moody’s evidenzia inoltre che «governi e Congresso hanno finora fallito nel concordare misure in grado di ridurre i disavanzi fiscali e il costo degli interessi», esprimendo per di più la convinzione che le misure messe in cantiere dall’amministrazione Trump aggraveranno sostanzialmente la situazione. Il riferimento è al disegno di legge – definito da Trump in persona «One, big, beautiful bill» – comprensivo di tagli delle tasse per circa 4.000 miliardi e riduzioni della spesa pubblica pari a 1.500 miliardi, che assai difficilmente si tradurrà in un ridimensionamento sostenibile del deficit di bilancio – prossimo attualmente al 6% del Pil (equivalente a circa 2.000 miliardi). Lo si evince dalle previsioni formulate sia da Moody’s, secondo cui il rapporto debito/Pil crescerà dal 98 al 134% tra il 2024 e il 2035, sia dal Committee for a Responsible Federal Budget, un think-tank apartitico convinto che il provvedimento concepito dal governo accrescerà il debito federale di ulteriori 3.800 miliardi di dollari, che potrebbero aumentare a 5.300 miliardi qualora il Congresso estendesse le disposizioni temporanee. In questo quadro si inserisce il tour diplomatico che Trump, accompagnato dal gotha di Wall Street, della Silicon Valley e del complesso militar-industriale, ha realizzato nella penisola araba. La visita ha fruttato impegni di investimento da parte dei vertici istituzionali di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar per un ammontare di oltre 2.000 miliardi di dollari, a cui potrebbe andare a sommarsi la disponibilità di sauditi, emiratini e qatarioti ad affidare il colossale risparmio interno a gestori del calibro di BlackRock, Vanguard e State Street.
Alessandro Volpi

Saggista, collaboratore di «Altraeconomia» e «Valori» e docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. È autore di numerosi volumi, tra cui Prezzi alle stelle. Non è inflazione, è speculazione (Laterza, 2023), I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia (Laterza, 2024), Nelle mani dei fondi. Il controllo invisibile della grande finanza (Altraeconomia, 2024), L’America secondo Trump. Prospettive economiche e scenari globali (La Vela, 2025).
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