Nei giorni scorsi, il presidente Trump ha annunciato l’imminente ingresso del governo nel capitale azionario di Intel, uno dei principali produttori di semiconduttori del mondo. Nello specifico, il governo ha convertito in una partecipazione del 10% della società circa 9 miliardi di dollari di sussidi stanziati ma non ancora versati previsti dal Chips Act, promulgato dall’amministrazione Biden nel 2023 con l’obiettivo di rilanciare il ruolo degli Stati Uniti nel settore cruciale dei semiconduttori. L’inquilino della Casa Bianca ha inoltre lasciato intendere che non si tratta di un caso isolato, ma del primo di una lunga serie di interventi di analogo tenore. Stando a quanto affermato dal segretario al Commercio Lutnick, l’attivismo del governo si rivolgerà anche verso il settore cruciale della difesa. Kevin Hassett, consigliere economico di Trump, ha delineato i contorni di un piano d’azione inteso alla creazione di un vero e proprio fondo sovrano statunitense, da realizzare – all’occorrenza – senza la supervisione del Congresso. Un programma, quello menzionato da Hassett, di cui si riscontrano i contorni anche nelle dichiarazioni rese dal segretario al Tesoro Bessent, che nel corso di un’intervista a «Fox News» ha parlato di trasformare gli avanzi commerciali accumulati nei confronti degli Stati Uniti da Giappone, Corea del Sud e Unione Europea in investimenti diretti nei settori specificamente designati dal governo. Secondo i libertari del Cato Institute, quelle assunte da Trump rappresentano «decisioni di investimento da valutare sulla base della politica, non dell’economia. Questo significa inserire il governo direttamente nel cuore del processo decisionale delle grandi aziende».
Umberto Pascali

Giornalista che vive ormai da decenni a Washington.
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