Sottoposta a sanzioni senza precedenti ormai da tre anni e mezzo, la Federazione Russa è riuscita non soltanto a resistere, ma a registrare ritmi di crescita di gran lunga superiori a quelli realizzati dai Paesi occidentali. Lo sforzo bellico, per di più, ha messo in luce una capacità industriale significativa, su cui il governo di Mosca punta per procedere a una profonda ristrutturazione dell’economia mirata ad allentare la dipendenza dall’export di materie prime ed energia. Alcuni risultati cominciano già a vedersi: l’aereo Sukhoi Superjet-100 ha completato con successo il primo test di volo da nove ore, incorporando esclusivamente componentistica russa. Dal 2018, oltre 60 componenti importate sono state sostituite da pezzi fabbricati a livello domestico. Le dinamiche della guerra hanno naturalmente esercitato una potente spinta propulsiva, ma un contributo assai ragguardevole alla crescita è stato fornito dai settori edile, commerciale e finanziario, oltre che dall’agricoltura che ormai da anni realizza risultati di primissimo piano. Il conflitto ha inoltro generato una penuria di manodopera, da cui è scaturito un incremento medio dei salari talmente consistente da portare la Banca Mondiale a includere la Russia nella categoria dei Paesi ad alto reddito. Le principali sfide che il Paese si ritrova oggi ad affrontare è data indubbiamente dall’inflazione, per contrastare la quale la Bank of Russia ha adottato una linea estremamente restrittiva gravida di seri problemi per il comparto industriale, e contestata aspramente da alcuni economisti russi convinti che l’operato della Banca Centrale pregiudichi le potenzialità di sviluppo del Paese.
Evgeny Utkin

Giornalista russo specializzato in questioni economiche e geopolitiche che vive e lavora in Italia. È stato docente all’Università Statale di Mosca Lomonosov e manager per diverse società internazionali. Scrive per svariate testate sia russe che italiane.