Nei giorni scorsi, le tensioni tra Stati Uniti e Russia sono tornate ad acuirsi. Nello specifico, gli Usa hanno imposto sanzioni nei confronti delle compagnie petrolifere russe Rosneft e Lukoil. L’obiettivo consiste dichiaratamente nel forzare l’interruzione degli acquisti via mare di petrolio russo da parte di India e Cina, così da privare Mosca delle entrate necessarie a finanziarie lo sforzo bellico in Ucraina.

Come conseguenza immediata, Lukoil ha messo sul mercato la propria controllata estera, accettando l’offerta presentata dalla Gunvor, multinazionale registrata a Cipro e con sede a Ginevra. La chiusura dell’accordo richiede però il placet di Washington. Nessuno conosce ancora il preciso prezzo della cessione.
Il presidente ucraino Zelensky sostiene che le sanzioni contro Rosneft e Lukoil stiano funzionando, come si evince dal contenuto di un post pubblicato sul suo profilo Twitter/X in cui si legge che Mosca rischia fino a 50 miliardi di dollari di perdite annue secondo. Lo affermerebbero non meglio specificate “valutazioni preliminari e dettagliate” fornitegli dai servizi di sicurezza di Kiev.
L’Unione Europea, invece, ha adottato il 19° pacchetto di sanzioni contro la Russia, concentrate sul settore energetico e bancario. Ha invece evitato di procedere alla confisca e al riutilizzo, sotto forma di prestiti all’Ucraina, dei beni di proprietà della Bank of Russia depositati presso istituzioni finanziarie europee.

I grandi media statunitensi ed europei sostengono che l’amministrazione Trump, raggiante per la tregua commerciale appena siglata con Pechino, abbia, attraverso le sanzioni, finalmente individuato una soluzione valida per isolare efficacemente la Russia, staccandola dai suoi principali clienti.
Prevedibilmente, le nuove sanzioni hanno impresso una poderosa e immediata spinta al prezzo del petrolio, come certificato dalla crescita vigorosa delle quotazioni del Brent del Mare del Nord, del West Texas Intermediate statunitense e dell’Urals russo.
Analogamente a quanto verificatosi sulla scia delle misure punitive imposte a suo tempo dall’amministrazione Biden contro Gazprom Neft e Surgutneftegas, la rivalutazione della materia prima innescata dalle sanzioni va a compensare la riduzione quantitativa dell’export che ne deriva.
Lo dimostrano i dati forniti dal Ministero delle Finanze della Russia, da cui emerge che, a dispetto delle sanzioni, la Russia ha ricavato nel 2024 entrate dalla vendita di petrolio e gas del 26% superiori rispetto all’anno precedente, ovviando alla caduta del 24% su base annua registrata nel 2023.
Il rialzo dei prezzi del petrolio stimolato dalle sanzioni risulta pienamente confacente con gli interessi riconducibili ai produttori di idrocarburi non convenzionali statunitensi, che necessitano di un break even piuttosto elevato (65-70 dollari per barile) e costituiscono uno dei bacini elettorale di riferimento più rilevanti per Trump.
Il quale rischia in compenso di inimicarsi il favore dei consumatori statunitensi, per i quali la rivalutazione del prezzo del petrolio si traduce in un aumento del costo del carburante sempre più difficile da sostenere, come certificato dall’aumento costante del debito delle famiglie.
Lo ha sottolineato lo stesso Putin, secondo cui le misure punitive appena irrogate rappresentano «un atto ostile che potrebbe ritorcersi contro, facendo impennare i prezzi globali del petrolio», già sospinti verso l’alto dalla “strana” catena di esplosioni registrate a brevissima distanza di tempo una dall’altra presso ben tre raffinerie dell’Europa orientale che processavano idrocarburi russi. La Russia, ha spiegato il leader della Russia, risentirà dei provvedimenti statunitensi diretti contro Rosneft e Lukoil, ma l’impatto sull’economia nazionale risulterà scarsamente significativo.
Aldo Ferrari

Saggista e professore ordinario presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove insegna Lingua e Letteratura Armena, Storia dell’Eurasia, Storia del Caucaso e dell’Asia Centrale. È autore di numerosi volumi, tra cui L’Armenia perduta. Viaggio nella memoria di un popolo (Salerno Editore, 2019), Storia della Crimea. Dall’antichità a oggi (Il Mulino, 2022), Russia. Storia di un impero eurasiatico (Mondadori, 2024).
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