Nei giorni scorsi, il presidente Zelensky ha richiesto al suo omologo Trump la fornitura di «sistemi d’arma aggiuntivi che spingano il presidente russo Putin ad avviare colloqui di pace, forse senza che l’Ucraina debba nemmeno utilizzarli». Una fonte ucraina ha confidato ad «Axios» che si trattava dei missili guidati a lungo raggio Tomahawk, di cui il vicepresidente Vance ha annunciato la possibile, imminente consegna a Kiev al fine di «svegliare i russi». Parallelamente, le elezioni in Moldavia, dalle quali sono state escluse diverse compagini collocate su posizioni critiche nei confronti del governi, hanno consacrato la netta vittoria del Partito d’Azione e Solidarietà (Pas), forza politica di ispirazione europeista che punta a integrare il Paese nell’Unione Europea entro il 2030. Parallelamente, l’Iran interrompe ogni collaborazione con l’Aiea e richiama gli ambasciatori da Germania, Francia e Gran Bretagna in seguito alla riattivazione delle sanzioni disposta da questi ultimi. Sebbene le autorità iraniane non abbia ancora stabilito se confermare o meno l’adesione al Trattato di Non Proliferazione nucleare, Israele e Stati Uniti starebbero comunque valutando la possibilità di sferrare un nuovo attacco contro la Repubblica Islamica. Lo ha dichiarato nel corso del suo intervento all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, il quale ha ravvisato uno “stretto coordinamento” tra le minacce di intervento militare e il rientro in vigore delle sanzioni.
Stefano Vernole

Analista geopolitico, saggista e vicepresidente del Centro Studi Eurasia Mediterraneo. È autore di numerosi volumi, tra cui Ex Jugoslavia. Gioco sporco nei Balcani (Anteo, 2013), La difesa della fede ortodossa in Montenegro. Il possibile cambiamento geopolitico nei Balcani (Anteo, 2020).
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