Giorni fa, in occasione dell’appuntamento annuale dello Shangri-la Dialogue, il principale vertice asiatico sulla sicurezza dell’Asia-Pacifico, il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha dichiarato che «la minaccia posta dalla Cina è reale. E potrebbe essere imminente». «La dipendenza economica nei confronti della Cina amplia la sua maligna influenza», ha aggiunto Hegseth, ponendo apertamente l’accento sulla necessità di procedere con derisking e decoupling. Nonostante le rassicurazioni fornite dal capo del Pentagono circa il fatto che «non siamo qui per fare prediche moralistiche sul vostro modello politico o sul cambiamento climatico», il tono paternalistico che ha caratterizzato il suo intervento è apparso evidente a tutti gli ascoltatori. In particolare nel momento in cui Hegseth ha esortato i Paesi asiatici a incrementare considerevolmente le spese militari in quanto «un’alleanza non può essere abbastanza solida se basata soltanto sul contributo di una parte». L’ex conduttore di «Fox News» ha quindi citato esplicitamente la Germania come esempio da seguire per procedere a un’espansione dei bilanci della difesa. Hegseth ha in altri termini rispolverato il manicheismo che innervava la vecchia “Dottrina Bush” («o con noi o contro di noi»), nel tentativo di mettere gran parte dei Paesi asiatici con le spalle al muro costringendoli a scegliere da che parte stare. E lo ha fatto a Singapore, città-Stato che ha elevato il non allineamento a modello di riferimento per gran parte del continente asiatico. Dal medesimo podio, il predecessore di Hegseth, Lloyd Austin, aveva richiamato l’attenzione generale sul fatto che un conflitto con la Cina «non è imminente, né inevitabile». Anche l’intervento del presidente francese Emmanuel Macron si è concentrato sulla presunta minaccia cinese. Più specificamente, l’inquilino dell’Eliseo ha tracciato un collegamento tra il conflitto russo-ucraino e la disputa tra Cina, Taiwan e Filippine, sostenendo che l’invasione russa dell’Ucraina rischia di creare un pericoloso precedente in Asia. Qualora la Russia inglobasse intere regioni dell’Ucraina senza alcuna restrizione, ha tuonato Macron, «cosa accadrebbe a Taiwan? Cosa farete il giorno in cui succederà qualcosa nelle Filippine? […] La Cina deve prendere le distanze dall’alleanza militare tra Corea del nord e Russia, contribuendo a tenere sotto controllo Pyongyang, altrimenti non può poi lamentarsi per il rischio di ritrovarsi la Nato in Asia». Pechino, il cui ministro della Difesa non era presente allo Shangri-la, ha duramente stigmatizzato sia le uscite di Macron, viziate dalla logica del doppio standard, sia le dichiarazioni di Hegseth. «Hegseth – ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino – ha deliberatamente ignorato l’appello alla pace e allo sviluppo dei Paesi della regione. Ha invece promosso la mentalità della Guerra Fredda che prevede il confronto tra blocchi, e denigrato la Cina con accuse diffamatorie identificandola come una minaccia. Le sue dichiarazioni erano piene di provocazioni e miravano a seminare discordia. La Cina deplora e si oppone fermamente a tali dichiarazioni, protestando con forza presso gli Stati Uniti. Nessun Paese al mondo merita di essere definito una potenza egemonica se non gli stessi Stati Uniti, che sono anche il principale fattore di perturbazione della pace e della stabilità nella regione Asia-Pacifico. Per perpetuare la propria egemonia e promuovere la cosiddetta “strategia indo-pacifica”, gli Stati Uniti hanno schierato armi offensive nel Mar Cinese Meridionale e continuato a creare tensioni nella regione dell’Asia-Pacifico, trasformandola in una polveriera e preoccupando profondamente i Paesi che la compongono». La postura assunta dall’amministrazione Trump rischia insomma di far sì che il confronto tra Stati Uniti e Cina, coinvolte in una guerra commerciale che non accenna a placarsi, si estenda all’intero continente asiatico.
Davide Martinotti

Studioso di questioni geostrategiche, specialista di mondo e cultura cinese e animatore del canale YouTube «Dazibao». Vive da tempo in Cina.