Nell’Unione Europea tornano a rullare i tamburi di guerra. Il Capo di Stato Maggiore delle forze armate francesi, generale Fabien Mandon, ha dichiarato che «dobbiamo prepararci a pagare il prezzo della guerra con la Russia, entro tre o quattro anni».
Più specificamente, ha affermato Fabien Mandon, i cittadini francesi «devono essere pronti a perdere i loro figli» nell’ambito di una possibile guerra contro la Russia.
«Disponiamo di tutta la conoscenza e la potenza economica e demografica per dissuadere la Russia, ma se la Francia non sarà pronta a perdere i suoi figli e a sopportare un prezzo economico a causa di un cambiamento nelle priorità, allora siamo in pericolo», ha aggiunto Fabien Mandon.
Chi è Fabien Mandon
Nominato solo pochi mesi fa a capo delle forze armate francesi, Fabien Mandon non avrebbe potuto immaginare un inizio meno discreto. Durante un discorso al Congresso dei Sindaci di Francia, martedì 18 novembre, il Capo di Stato Maggiore della Difesa delle Forze Armate francesi ha pronunciato parole che hanno suscitato polemiche.

«Abbiamo tutte le conoscenze, tutta la forza economica e demografica per scoraggiare il regime di Mosca […]. Se il nostro Paese vacilla perché non è disposto ad accettare di perdere i propri cari, a soffrire economicamente perché la priorità sarà data alla produzione per la difesa, allora siamo a rischio. Dovete parlarne nelle vostre comunità», ha dichiarato il generale Fabien Mandon.
Prima della sua nomina, Fabien Mandon ha ricoperto diversi incarichi di alto livello, in particolare quello di Capo di Stato Maggiore. Questo ruolo lo ha portato a stretto contatto con Emmanuel Macron. Alla luce del conflitto in Ucraina, è diventato uno dei più stretti consiglieri del presidente. «È una persona empatica e affabile, mai stressata o brusca. Deve aver trovato il modo di esistere all’Eliseo, e ci riesce», ha dichiarato l’ex ministro Jean-Marie Bockel dopo l’annuncio della sua nomina.
Fabien Mandon non è il solo. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha sostenuto, nel corso di una intervista rilasciata alla «Frankfurter Allgemeine Zeitung», che, «tradizionalmente, abbiamo indicato il 2029 come possibile orizzonte temporale, ma le valutazioni attuali parlano anche del 2028. Alcuni analisti militari ritengono che potremmo aver appena vissuto la nostra ultima estate di pace».
I negoziati sul piano di pace statunitense
Nel frattempo, proseguono a Ginevra i negoziati tra le delegazioni di Stati Uniti, Ucraina, Gran Bretagna, Francia e Germania incentrati sul piano di pace da 28 punti predisposto dall’amministrazione Trump con il supporto di rappresentanti russi. Sul tavolo c’è la controproposta redatta in fretta e furia dall’Unione Europea, di cui circolano due versioni presentate dal «Telegraph» e da «Reuters».
A differenza di quanto riportato dal «Financial Times», secondo cui la delegazione statunitense starebbe acconsentendo a ridurre i punti salienti a 19 per effetto di un’incorporazione delle istanze europee, il segretario di Stato Rubio parla ancora di un piano da 26-28 punti, dopo aver palesato freddezza verso il piano dell’Unione Europea. Mancherebbe, allo stato attuale, l’intesa in merito a un paio di punti specifici. Rubio ha comunque chiarito che «i russi rappresentano una parte fondamentale dell’equazione». Il presidente della Verkhovna Rada Ruslan Stefanchuk, invece, ha elencato una serie di “linee rosse” da non oltrepassare nel corso dei negoziati, consistenti in:
• nessun riconoscimento formale dell’occupazione dei territori;
• nessun limite alle forze di difesa ucraine;
• nessuna restrizione sulle future alleanze ucraine, e quindi “porte aperte” all’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea e alla Nato come componenti essenziali delle garanzie di sicurezza.
Il presidente Zelensky ha formulato dichiarazioni dello stesso tenore, affermando che il “problema principale” nei colloqui è costituito dalla richiesta del presidente Putin di riconoscimento de jure dei territori «che la Russia ha rubato. Ciò violerebbe il principio di integrità territoriale e sovranità. I confini non possono essere modificati con la forza».
Sul «Financial Times», Gideon Rachman scrive che «l’Ucraina non dovrebbe occuparsi di questo piano di Trump solo per cercare di affondarlo. Tra l’ansia che domina a Kiev e l’indignazione che imperversa in Europa, si rischia di dimenticare che è l’Ucraina stessa a volere la fine della guerra. Un cattivo accordo di pace potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza del Paese come nazione veramente indipendente. Ma anche la continuazione della guerra causa gravi danni all’Ucraina».
Marco Carnelos

Ex diplomatico con all’attivo incarichi in Somalia, Iraq e Nazioni Unite. Presiede la società di consulenza McGeopolicy e collabora con la testata «Middle East Eye».
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