La guerra ibrida continua a dominare il dibattito pubblico occidentale. Il Capo di Stato Maggiore delle forze armate britanniche, Sir Richard Knighton, ha dichiarato che «il Regno Unito ha bisogno di più persone pronte a combattere per il proprio Paese mentre la nazione cerca di impedire un potenziale scontro con la Russia».

Knighton ha posto l’accento sulla necessità di «una risposta dell’intera società», in termini di incremento numerico delle forze regolari, dei cadetti e delle riserve.
Ha anche invocato il coinvolgimento di un vasto bacino di giovani talenti nell’industria della difesa. Secondo l’alto ufficiale britannico, la possibilità di un attacco russo contro il suo Paese rimane remota, ma gli attacchi ibridi da parte della Russia indicano un aumento costante della minaccia.
Knighton ha quindi concluso affermando: «figli e figlie, colleghi, veterani. Tutti avranno un ruolo da svolgere. Per costruire. Per servire. E, se necessario, per combattere». Così, «più famiglie comprenderanno cosa significa il sacrificio per la nostra nazione».
Knighton non è il solo a parlare di “guerra ibrida”
Il tema della guerra ibrida ma di carattere preventivo era stato toccato anche dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare della Nato, nel corso di una intervista rilasciata al «Financial Times» a ottobre ma pubblicata a spizzichi e bocconi oltre un mese dopo (il 30 novembre) all’interno di una cornice narrativa tutt’altro che neutrale.
Gli interventi di Knighton e Cavo Dragone seguono di qualche mese le esternazioni di Richard Shirreff, generale britannico che lo scorso settembre ipotizzò sulle colonne del «Daily Mail» un imminente attacco russo contro l’Estonia concomitante all’invasione cinese di Taiwan.
Il Capo di Stato Maggiore delle forze armate francesi Fabien Mandon, invece, ha affermato lo scorso novembre che «la Francia deve prepararsi a perdere i suoi figli» in un eventuale conflitto con la Russia.
Agli alti ufficiali delle forze armate hanno fatto eco i rappresentanti civili. L’11 dicembre, nel corso di una visita in Germania, il segretario generale della Nato Mark Rutte ha affermato che «dobbiamo essere pronti perché, alla fine di questo primo quarto del XXI Secolo, i conflitti non si combattono più a distanza. Il conflitto è alla nostra porta».
La Russia, ha aggiunto Rutte, «ha riportato la guerra in Europa, e dobbiamo essere preparati alla scala di guerra che i nostri nonni o bisnonni hanno sopportato. Immaginatelo: un conflitto che raggiunge ogni casa, ogni luogo di lavoro, distruzione, mobilitazione di massa, milioni di sfollati, sofferenza diffusa e perdite estreme».
Si tratta di «un pensiero terribile, ma se rispettiamo i nostri impegni, questa è una tragedia che possiamo prevenire. La Nato è qui per proteggere un miliardo di persone, su entrambe le sponde dell’Atlantico. La nostra missione è proteggere voi, le vostre famiglie, i vostri amici e il vostro futuro. Non possiamo abbassare la guardia, e non lo faremo».
Una settimana dopo, alla vigilia del vertice del Consiglio d’Europa in cui si sarebbero stabilite le modalità attraverso cui prolungare il sostegno finanziario all’Ucraina, la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha dichiarato che «l’Europa deve essere responsabile della propria sicurezza. Questa non è più un’opzione. È un obbligo. Conosciamo le minacce che ci troviamo ad affrontare e le affronteremo. Ciò significa che dobbiamo essere pronti. Dobbiamo sviluppare e implementare nuove capacità per poter combattere una moderna guerra ibrida».
Francesco Cosimato

Generale di brigata, paracadutista militare, direttore di lancio e ispettore per attività di controllo degli armamenti. Ha ricoperto numerosi incarichi di comando e staff, tra cui missioni in Somalia, Bosnia e Kosovo. Ha comandato unità come il I Gruppo del 33° Reggimento artiglieria terrestre Acqui e il 21° Reggimento Artiglieria Trieste. Ha operato presso lo Stato Maggiore dell’esercito e la Nato. Collabora con svariati giornali e riviste, tra cui «Krisis».
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