Secondo la stampa ucraina, il governo di Kiev starebbe opponendosi strenuamente ad alcuni punti chiave del piano in 28 punti predisposto dall’amministrazione Trump. A partire dalla rinuncia all’adesione alla Nato e dal ritiro delle truppe dal Donbass.

La posizione di Kiev rimane la stessa: il cessate il fuoco dovrebbe applicarsi lungo l’attuale linea del fronte e soltanto a quel punto potrebbero scattare le negoziazioni incentrate sui territori.
Il percorso verso l’adesione alla Nato è stato inserito nella Costituzione e una modifica sul punto rappresenterebbe «un cattivo precedente», hanno affermato i rappresentanti di Kiev.
Oltre che sull’adesione alla Nato, le autorità ucraine starebbero insistendo per l’organizzazione di un incontro personale tra i presidenti Zelensky e Trump, necessario alla discussione di alcuni aspetti cruciali del piano statunitense.

Zalužny indica le garanzie di sicurezza: adesione alla Nato, armi nucleari o truppe straniere
Sul «Telegraph», parallelamente, l’ex Capo di Stato Maggiore delle forze armate ucraine e attuale ambasciatore in Gran Bretagna Valerij Zalužny scrive che «senza garanzie di sicurezza e programmi finanziari concreti, la guerra con la Russia rischia di trasformarsi in una guerra più ampia per la conquista dell’Europa orientale».
L’ex generale ha quindi identificato come necessarie garanzie di sicurezza per l’Ucraina «l’adesione alla Nato, il dispiegamento di armi nucleari sul territorio ucraino o il posizionamento di un grande contingente militare in grado di resistere alla Russia».
Resta da vedere se le indicazioni di Zalužny troveranno riscontro nella posizione negoziale statunitense (specialmente per quanto riguarda l’adesione alla Nato), incarnata dall’inviato speciale Steve Witkoff e da Jared Kushner recatisi proprio in queste ore a Mosca per incontrare presidente Putin e fare il punto della situazione.
Qualche indizio in proposito può essere ricavato dalle dichiarazioni rese dal generale di brigata della Bundeswehr Christian Freuding, secondo cui il Pentagono avrebbe interrotto i contatti operativi con il Ministero della Difesa tedesco, comprese le comunicazioni relative all’Ucraina. Stando a quanto riferito da Freuding, gli scambi di messaggi tra Berlino e Washington avvenivano regolarmente «giorno e notte», mentre allo stato attuale la linea di comunicazione si sarebbe «interrotta, letteralmente interrotta». Washington avrebbe semplicemente smesso di rispondere.
Dall’Unione Europea e dalla Nato, sullo sfondo, si levano voci particolarmente minacciose. L’Alto Rappresentante per la Politica Estera Kaja Kallas ha dichiarato che «è chiaro che la Russia non vuole la pace e, quindi, dobbiamo rendere l’Ucraina il più forte possibile».
L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comando militare della Nato, ha invece dichiarato al «Financial Times» che l’Alleanza Atlantica sta valutando l’adozione di una postura «più aggressiva nel rispondere agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello spazio aereo della Russia».
«Stiamo studiando tutto… Sul fronte informatico, siamo in un certo senso reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando», ha affermato Cavo Dragone.
Il quale ha asserito che «un attacco preventivo potrebbe essere considerato un’azione difensiva», specificando tuttavia che si tratta di opzioni «molto lontane dal nostro normale modo di pensare e di comportarci».
La Nato e i suoi membri, ha spiegato Cavo Dragone, hanno «molti più limiti rispetto alla nostra controparte, di natura etica, legale, giurisdizionale. È un problema. Non voglio dire che sia una posizione perdente, ma è una posizione più difficile di quella in cui si trova la nostra controparte».
Il presidente del comitato militare della Nato ha concluso che la sfida cruciale verte sull’acquisizione della capacità di scoraggiare future aggressioni. «Il modo in cui si ottiene la deterrenza – attraverso la ritorsione o l’attacco preventivo – è qualcosa che dobbiamo analizzare a fondo perché in futuro potrebbe esserci ancora più pressione su questo fronte», ha affermato Cavo Dragone.
La portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato in una nota che le esternazioni formulate da Cavo Dragone al «Financial Times» rappresentano «un passo estremamente irresponsabile, che dimostra la volontà dell’Alleanza Atlantica di aggravare ulteriormente la situazione. Queste dichiarazioni dovrebbero essere considerate come un tentativo deliberato di indebolire gli sforzi in corso volti a risolvere la crisi ucraina. Chi si lascia andare a una retorica del genere deve comprendere chiaramente i rischi e le potenziali conseguenze che ne deriverebbero, anche per gli stessi Stati membri dell’Alleanza Atlantica».
La Nato, ha aggiunto la Zakharova, «ha smesso da tempo di nascondere i suoi veri obiettivi e intenzioni […]. Sullo sfondo della crescente isteria anti-russa della Nato e del persistente allarmismo su un “imminente attacco” della Russia ai suoi stati membri, le dichiarazioni di Cavo Dragone non solo alimentano le tensioni, ma aggravano seriamente il confronto in essere».
Intanto, sul fronte militare, le forze armate russe annunciano la conquista di Pokrovsk e Volčansk, mentre droni ucraini prendono di mira alcune petroliere nelle acque del Mar Nero e perfino in prossimità delle coste del Senegal.
Aldo Ferrari

Saggista e professore ordinario presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove insegna Lingua e Letteratura Armena, Storia dell’Eurasia, Storia del Caucaso e dell’Asia Centrale. È autore di numerosi volumi, tra cui L’Armenia perduta. Viaggio nella memoria di un popolo (Salerno Editore, 2019), Storia della Crimea. Dall’antichità a oggi (Il Mulino, 2022), Russia. Storia di un impero eurasiatico (Mondadori, 2024).
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