Pochi mesi fa, il presidente Trump ha imposto la chiusura, dopo 64 anni di attività, di Usaid, agenzia per la cooperazione fondata da John F. Kennedy e incaricata di gestire assistenza umanitaria e per lo sviluppo in oltre 100 Paesi.

«Siete una risorsa potente, che ci permette di esercitare la nostra influenza per il mantenimento della libertà. Se non fossimo coinvolti in maniera così importante, la nostra voce non avrebbe tanto vigore e poiché non vogliamo mandare truppe americane in tutte le parti del mondo dove la libertà potrebbe essere a rischio, mandiamo voi», dichiarò il presidente Kennedy l’8 giugno 1962 per illustrare la natura dell’Usaid. Un organismo, cioè, preposto a funzioni di sostegno internazionale ma anche – se non soprattutto – di controllo.
Cosa comporta la chiusura di Usaid?
Al momento della chiusura, Usaid rappresentava il principale canale di assistenza economica e umanitaria verso i Paesi in via di sviluppo, focalizzato su salute, aiuti umanitari, sviluppo economico, pace e sicurezza, con oltre 60 miliardi di dollari erogati in più di 80 Paesi, pari al 42% di tutti gli aiuti globali.
Come ha spiegato l’Oxfam: «gli Stati Uniti spendono in genere circa l’1% del bilancio federale in assistenza allo sviluppo estero, che include sia l’assistenza umanitaria che i programmi di sviluppo […]. All’interno dell’ampia definizione di aiuti esteri, l’importo esatto degli aiuti allo sviluppo incentrati sulla povertà erogati da Usaid varia di anno in anno, ma di recente è stato pari a circa lo 0,49% del bilancio federale».
Insomma, attraverso Usaid gli Stati Uniti sono diventati il maggior finanziatore al mondo dei programmi di aiuti, e ora tutto il sistema degli aiuti umanitari è in crisi.
Le funzioni dell’Usaid e il poco personale rimasto in servizio, sfuggito ai tagli drastici attuati dal Dipartimento per l’Efficienza Governativa sotto la supervisione di Elon Musk, sono stati assorbiti dal Dipartimento di Stato. «Oltre ad aver creato un complesso industriale di Ong a livello mondiale a spese dei contribuenti, l’Usaid ha ben poco di cui vantarsi dalla fine della Guerra Fredda», ha dichiarato il segretario di Stato Rubio.
Il quale ha poi aggiunto che, con la chiusura di Usaid , i contribuenti statunitensi non dovranno più «pagare le tasse per finanziare governi falliti in terre lontane».
L’impatto della chiusura dell’Usaid è ancora da valutare. Secondo uno studio diffuso dalla rivista scientifica «The Lancet», i tagli agli aiuti umanitari contestuali alla chiusura di Usaid potrebbero causare fino a 14 milioni di morti entro il 2030.
La rivista «Sbilanciamoci» ha elencato alcuni dei principali programmi umanitari e di salute globale che sono stati del tutto cancellati per effetto dei provvedimenti di Trump nei confronti di Usaid:
- 131 milioni di dollari per il programma di vaccinazione antipolio dell’UNICEF, che finanziava la pianificazione, la logistica e la consegna dei vaccini a milioni di bambini.
- Un contratto di prevenzione della malaria da 90 milioni di dollari che forniva regolarmente zanzariere, test e trattamenti per la malaria a 53 milioni di persone.
- Un progetto nella Repubblica Democratica del Congo, che gestiva l’unica fonte di acqua per 250.000 persone sfollate che vivono in zone di conflitto.
- Tutti i costi di funzionamento del Global Drug Facility, insieme al 10% del budget per le terapie per il più grande programma di fornitura di farmaci contro la tubercolosi al mondo, rivolto a quasi 3 milioni di persone, tra cui 300.000 bambini, nel 2024.
- Tutti i progetti di assistenza e trattamento dell’HIV in Lesotho, Tanzania ed Eswatini gestiti dalla Elizabeth Glaser Pediatric AIDS Foundation, che serviva 350.000 persone, tra cui 10.000 bambini e 10.000 donne in gravidanza a cui venivano prestate le cure per prevenire la trasmissione materno-fetale.
- Un progetto in Uganda per condurre la sorveglianza e identificare i contatti delle persone con Ebola, e seppellire i morti a causa del virus.
- Un contratto di gestione delle forniture mediche da 34 milioni di dollari in Kenya.
- 87 rifugi in Sud Africa, a sostegno di 33.000 donne sopravvissute a stupri e violenze domestiche.
- Il programma di salute comunitaria in Yemen per la identificazione dei bambini malnutriti.
- I servizi sanitari pre e post-natali in Nepal, con assistenza a 3,9 milioni di bambini e 5,7 milioni di donne.
- Un programma in 6 nazioni dell’Africa occidentale gestito da Helen Keller International che forniva medicine a più di 35 milioni di persone per prevenire e curare le malattie tropicali dimenticate.
- Un progetto di trattamento della malnutrizione acuta grave in Nigeria, per 5,6 milioni di bambini e 1,7 milioni di donne. L’esito è che 77 strutture sanitarie hanno smesso di curare i bambini gravemente malnutriti, mettendo 60.000 bambini con meno di 5 anni a rischio immediato di morte.
- Cliniche sanitarie in Sudan che tagliano tutti i servizi sanitari in una delle più grandi aree della regione del Kordofan.
- Un progetto contro la malnutrizione e per la salute materna in Bangladesh rivolto a 144.000 persone, che forniva cibo alle donne in gravidanza malnutrite e vitamina A ai bambini.
- Il programma REACH contro la malaria che forniva farmaci antimalarici ai bambini, proteggendo più di 20 milioni di persone in 10 paesi africani.
- Un programma di Plan International che garantiva forniture mediche, supporto nutrizionale e acqua potabile a 115.000 persone sfollate o colpite dal conflitto in Etiopia.
- Oltre 80 milioni di dollari in finanziamenti a Unaids, la agenzia dell’Onu a sostegno dei programmi globali di trattamento dell’Hiv, compresa la raccolta di dati.
- Un programma della Iniziativa del Presidente contro la Malaria per il controllo delle zanzare in 21 paesi.
- Il programma di cura dell’Hiv e della tubercolosi in Uganda, gestito dalla Baylor College of Medicine Children’s Foundation, per il trattamento di 46.000 persone.
- Consorzio di ricerca Smart4Tb, il principale gruppo di ricerca mondiale che sviluppa strategie per la prevenzione, la diagnostica e il trattamento della tubercolosi.
- Il progetto Demographic and Health Surveys, il principale programma di raccolta dati in 90 paesi, che fornisce dati vitali sulla salute materna e infantile, la nutrizione e altro ancora.
Pur contribuendo oggettivamente all’assistenza dei Paesi poveri, l’Usaid fungeva allo non di rado da strumento al servizio di Washington per promuovere cambi di regime in tutto il mondo.
Secondo la portavoce Onu Stephane Dujarric. «Molti dei programmi cancellati riguardano Paesi fragili che dipendono fortemente dagli aiuti statunitensi per sostenere i sistemi sanitari, i programmi di nutrizione e per evitare la fame. Impattate negativamente anche questioni importanti come la lotta al terrorismo, il traffico di esseri umani e di droga, compreso il fentanyl, e il monitoraggio e l’assistenza ai migranti risentiranno dei tagli statunitensi».
Matteo Caravani

Saggista, economista politico presso la Tufts University di Boston, docente di cooperazione internazionale e sviluppo presso l’Università di Roma Tre e consulente per il World Food Program delle Nazioni Unite. è coautore del volume, scritto assieme a Francesco Sylos Labini, Bussola per un mondo in tempesta (Futura Editrice, 2024, disponibile anche in lingua inglese).
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