Il costante deterioramento delle forze armate ucraine sul campo di battaglia ha spinto alcuni specialisti come il politologo John Mearsheimer a sostenere che la Russia stia conseguendo una “brutta vittoria”. Vale a dire un verdetto militare favorevole ma non completamente risolutivo. Il tema della “brutta vittoria” ripropone con forza il problema capitale della “sistemazione” dell’architettura di sicurezza europea.
Le tendenze in atto delineano uno scenario sorretto da tre pilastri fondamentali:
- La Russia consegue una “brutta vittoria” in Ucraina entro il 2026; occupa i cinque oblast’ che ha formalmente annesso più altri territori; si dichiara disponibile a trattare con l’Ucraina; invoca un più ampio negoziato con i Paesi occidentali volto alla definizione di una cornice di sicurezza condivisa in Europa, sul modello del “concerto delle nazioni” delineato al Congresso di Vienna da Metternich, Talleyrand, lo zar Alessandro.
- La risposta occidentale è negativa. Le annessioni russe non vengono riconosciute, anche se un nuovo governo ucraino le accetta. Si forma un governo ucraino in esilio (Polonia in primis). Si preparano e vengono eseguite azioni coperte anti-russe sul territorio ucraino e russo (attori: servizi di intelligence occidentali, nazionalisti radicali ucraini).
- I Paesi europei accelerano il riarmo. In particolare la Germania tenta di ricostruire una Bundeswehr operativamente efficace, in grado di affrontare un conflitto convenzionale con la Russia.
A fronte di questa “brutta vittoria”, la questione dirimente riguarda le modalità di reazione della Russia. O meglio, quale corrente politica interna alla classe dirigente di Mosca riuscirà a imporre la propria visione strategica.
Il punto di vista sulla “brutta vittoria” diverge
La cordata che fa capo al presidente Putin e al ministro degli Esteri Lavrov tende a interpretare la vittoria come dimostrazione della capacità della Russia di sostenere un conflitto prolungato, e a ritenere conseguiti gli obiettivi primari della neutralizzazione dell’Ucraina, del ripristino della “profondità strategica” e della trasmissione di un messaggio inequivocabile all’Occidente.

Secondo questa compagine, la “brutta vittoria” è un mezzo per raggiungere il fine strategico della costruzione di un ordine europeo condiviso che tenga in assoluta considerazione gli interessi russi.
I settori più radicali, gravitanti attorno a intellettuali come Sergej Karaganov e Dmitrij Trenin, reputano invece la “brutta vittoria” come un segno della debolezza dell’Occidente.

Si tratta però, a loro avviso, di un successo tattico da sfruttare per conseguire l’obiettivo strategico di eliminare definitivamente la minaccia, “spezzando la schiena all’Europa” e forzando gli Stati Uniti a modificare nettamente il proprio approccio ostile. Per approdare a un risultato del genere, occorre un secondo ciclo di coercizione (militare, nucleare, politico-psicologica) supplementare alla “brutta vittoria”.
Le conseguenze a cascata che deriverebbero dall’affermazione di una delle dure correnti interne all’apparato dirigenziale russo sono mutevoli, ma di rilevanza cruciale per il futuro dell’Europa e del mondo intero.
È notizia recentissima, diffusa da «Axios» sulla base di confidenze rese da funzionari statunitensi e russi, che l’amministrazione Trump starebbe lavorando segretamente in consultazione con la Russia alla definizione di un nuovo piano per porre fine alla guerra in Ucraina.
Come spiega il quotidiano: «il piano statunitense si articola in 28 punti ed è ispirato all’accordo sulla “sistemazione” della Striscia di Gaza. Un alto funzionario russo ha dichiarato di essere ottimista. Non è ancora chiaro come l’Ucraina e i suoi sostenitori europei lo accoglieranno».
I 28 punti per concludere la “brutta vittoria” «si suddividono in quattro categorie generali: pace in Ucraina, garanzie di sicurezza, stabilizzazione in Europa e future relazioni tra Stati Uniti, Russia e Ucraina. Non è chiaro come il piano affronti questioni controverse come il controllo territoriale nell’Ucraina orientale».
Kirill Dmitriev, amministratore delegato del Fondo russo per gli investimenti diretti, «ha espresso ottimismo sulle possibilità di successo dell’accordo perché, a differenza dei precedenti tentativi, la posizione russa viene davvero ascoltata. Dmitriev ha dichiarato che l’idea di base era riprendere i principi che Trump e il presidente russo Vladimir Putin avevano concordato in Alaska ad agosto e produrre una proposta per affrontare il conflitto in Ucraina, ristabilire i legami Usa-Russia e affrontare le preoccupazioni di sicurezza di Mosca».
In realtà, sostiene Dimitriev, si tratta di «un quadro molto più ampio, che fondamentalmente affronta il tema di come portare finalmente sicurezza duratura all’Europa, non solo all’Ucraina».
L’obiettivo, spiega Dimitriev, consiste nel produrre un documento scritto su questa linea prima che Trump e Putin si incontrino di nuovo. A suo dire, la Gran Bretagna è del tutto estranea a questo sforzo. L’inviato russo ha quindi affermato che la parte statunitense sta ora spiegando i benefici dell’attuale approccio agli ucraini e agli europei.
Il funzionario statunitense sentito da «Axios» ha confermato che la Casa Bianca aveva iniziato a informare i funzionari ucraini ed europei del nuovo piano. Sostiene inoltre che la Casa Bianca ritenga possibile coinvolgere ucraini ed europei, e afferma che il piano sarà adattato in base al contributo delle varie parti. «Pensiamo che il momento sia buono per questo piano ora. Ma entrambe le parti devono essere pratiche e realistiche», ha confermato il funzionario statunitense.
Roberto Buffagni

Scrittore, autore di testi teatrali, studioso di questioni geostrategiche e collaboratore del sito «L’Italia e il Mondo». Ha curato il volume La supercazzola. Istruzioni per l’Ugo (Mondadori, 2006) e tradotto il saggio di Peter Bogdanovich Chi diavolo ha fatto quel film? Conversazioni con registi leggendari (La Nave di Teseo, 2024).
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