Nei giorni scorsi, Donald Trump ha inviato una lettera al presidente israeliano Isaac Herzog in cui si richiedeva la concessione della grazia per Netanyahu, primo ministro.
La lettera con cui Trump ha chiesto la grazia per Netanyahu

il «Jerusalem Post», invece, ha rivelato che l’amministrazione Trump sta prendendo in considerazione la proposta di acquisto di 48 caccia F-35 avanzata dell’Arabia Saudita. L’intesa, sottolinea il quotidiano israeliano, configurerebbe un significativo cambiamento nella politica mediorientale degli Stati Uniti, perché priverebbe Israele del «vantaggio militare qualitativo» alterando inesorabilmente i consolidati equilibri regionali.
Basandosi sulle confidenze rese da due funzionari israeliani, «Axios» sostiene che il governo Netanyahu avrebbe manifestato privatamente all’amministrazione Trump disponibilità ad accettare l’affare, perché Washington subordini la vendita degli F-35 alla normalizzazione ufficiale delle relazioni tra Arabia Saudita e Israele.
Mohammed Bin-Salman e i suoi collaboratori, riferisce «Haaretz», sono invece orientati in tutt’altra direzione. Un funzionario palestinese avrebbe infatti dichiarato che «qualsiasi governo che includa ministri come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir non può essere considerato un partner per alcuna mossa diplomatica, tantomeno per un accordo di normalizzazione, alla luce di ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania». Secondo «Haaretz», l’Arabia Saudita condizionerà la normalizzazione a una chiara proposta diplomatica per stabilire uno Stato palestinese.

Rispetto alla Turchia, invece, la contrarietà israeliana a qualsiasi prospettiva di trasferimento di mezzi militari statunitensi di rilevanza critica sarebbe incrollabile. Lo si ricava dal contenuto dell’intervista rilasciata recentemente a una trasmissione televisiva israeliana dal ministro della Diaspora Amichai Chikli. Quest’ultimo ha accusato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il ministro degli Esteri Hakan Fidan di perseguire «una politica estera molto aggressiva», implicante la costruzione di basi militari nel nord della Siria. Secondo Chikli, la Turchia sta «armando l’esercito di al-Jolani – l’esercito jihadista – che sta già indicando dove punterà le proprie armi: verso Gerusalemme e altrove. Israele deve capire che il pericolo verrà da nord, dalla Turchia e dalla Siria di al-Jolani».
Chikli ha aggiunto che «dobbiamo fare tutto il possibile nelle relazioni estere per isolare la Turchia. Dovremmo rafforzare i nostri legami con Cipro e la Grecia: questa settimana abbiamo persino assistito a un’esercitazione navale congiunta». Il ministro della diaspora ha inoltre affermato che Israele dovrebbe «rafforzare anche la cooperazione economica. Questo asse del Mediterraneo orientale – Grecia, Cipro, Israele, Italia – è qualcosa su cui dobbiamo investire molto. Dobbiamo anche convincere i nostri amici negli Stati Uniti che un dittatore come Erdoğan, un membro dei Fratelli Musulmani i cui leader dell’opposizione sono in prigione e che promuove una velenosa propaganda antisemita, non è un alleato e non può far parte della Nato».
Il tutto mentre, sullo sfondo, il “caso Epstein” continua a tenere banco, spaccando la base del movimento Make America Great Again e riproponendo la questione dell’influenza di Israele sulla politica statunitense.
Marjorie Taylor Greene, deputata repubblicana e icona del movimento Make America Great Again, ha dichiarato l’intenzione di schierarsi con i democratici nell’imminente voto alla Camera sulla pubblicazione integrale dei documenti relativi a Epstein. «Sono convinta – ha dichiarato la Greene – che il Paese abbia bisogno di trasparenza». «Non ho idea di cosa ci sia nelle carte», ha aggiunto la congressista spiegando che l’opposizione del presidente Trump alla pubblicazione delle carte alimenta i dubbi su un suo possibile coinvolgimento negli affari di Epstein.
La Greene ha infine sottolineato la possibilità che Trump stia subendo forti pressioni da parte di qualche Paese straniero interessato a impedire la pubblicazione dei documenti. «Se Epstein lavorava per Israele è una domanda legittima. Chiedo ad alta voce se c’è un governo straniero, qualsiasi governo, che fa pressione su Trump per non far pubblicare i documenti», ha affermato.
Laura Loomer, attivista del movimento Make America Great Again e grande sostenitrice del presidente Trump, ha attaccato dichiarato la propria intenzione di appoggiare chiunque si opporrà nello Stato della Georgia a Marjorie Taylor Greene. Ha quindi attaccato quest’ultima con una provocazione: «dovrei trasferirmi in Georgia?», ha domandato ai suoi milioni di follower dopo che il presidente aveva pubblicamente revocato il proprio sostegno alla Greene. In una serie di post su Twitter/X aspramente critici sul conto della Greene, la Loomer ha ricordato di aver più volte messo in guardia Trump e la sua squadra sulla deputata, definendola «prostituta politica».
Per il momento, le divisioni non sembrano minacciare la posizione del presidente Trump come pilastro del movimento Make America Great Again, ma il voto alla Camera sulla pubblicazione dei file Epstein potrebbe aggravare ulteriormente le divisioni interne.
Salvo Ardizzone

Consulente societario e saggista specializzato in questioni mediorientali. È autore di numerosi volumi, tra cui Unipolarismo vs multipolarismo. Una visione geopolitica non asservita (Passaggio al Bosco, 2022), Ecologia vs natura. Un percorso per il ritorno all’umano (Passaggio al Bosco nel 2023), Medio Oriente. Dall’egemonia Usa alla resistenza islamica 1945-2006 (Arianna editrice, 2021), Medio Oriente. Risveglio islamico e false primavere (Arianna Editrice, 2022), Medio Oriente. La guerra in Siria, la Resistenza Islamica Palestinese (Arianna Editrice, 2024).
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