Dopo aver sostenuto strenuamente la prosecuzione della guerra in Ucraina fino alla sconfitta della Russia, l’ex generale David Petraeus, con trascorsi a capo del contingente statunitense in Iraq, del Central Command e della Cia, rettifica vistosamente il tiro. In un’analisi pubblicata su «The National Interest», l’ex alto ufficiale ripropone la narrazione secondo cui lo sforzo bellico russo avrebbe beneficiato in maniera decisiva del supporto cinese, sotto forma di forniture di semiconduttori, macchine utensili, polvere nera per gli esplosivi ed altri materiali critici. Secondo Petraeus, la Cina rappresenta «la spina dorsale logistica del complesso militar-industriale russo», ponendolo nelle condizioni di raggiungere forsennati ritmi produttivi di sistemi d’arma avanzati come droni e missili. Se per le forze armate russe si è rivelata una formidabile palestra in cui affinare le proprie capacità militari, il conflitto in Ucraina è stato sfruttato dalla Cina come “laboratorio” in cui testare l’efficacia di sistemi d’arma e tattiche di combattimento contro avversati armati, equipaggiati e addestrati a livello Nato. Nonché per studiare e tecniche di aggiramento delle sanzioni adottate dalla Russia, e acquisire, senza mettere a rischio l’incolumità di un singolo soldato dell’Esercito Popolare di Liberazione, informazioni fondamentali a «perfezionare i concetti che utilizzerà per guidare lo sviluppo delle proprie armi, l’addestramento militare e le strutture organizzative». È su questo ultimo aspetto che Petraeus si sofferma con particolare attenzione, sottolineando che la raccolta delle informazioni condotta dalla Cina sul campo di battaglia ucraino fa capo a un sistema centralizzato di gestione in grado di «rispondere molto più rapidamente della burocrazia degli appalti degli Stati Uniti». La Cina si sta insomma attrezzando, ponendo agli Stati Uniti una sfida particolarmente insidiosa e di gran lunga «più profonda del flusso di armamenti cinesi al fronte. La vera competizione riguarda i cicli di apprendimento. Mentre gli Stati Uniti impegnano risorse ed esauriscono le scorte per contrastare un avversario secondario, il suo concorrente principale acquisisce per procura un’esperienza di combattimento inestimabile». E a differenza del modello statunitense, arretrato perché fondato sulla logica dell’appalto, quello cinese «è progettato per assorbire e implementare rapidamente queste lezioni in tutto il suo complesso militare-industriale». Ne consegue che «se non si comprende appieno la posta in gioco di questa competizione incentrata sull’apprendimento, gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi ad affrontare un avversario che ha già combattuto una guerra contro le loro armi e le loro strategie, e ha imparato come vincere».
Alessandro Visalli

Architetto, saggista, studioso di questioni politiche ed economiche, animatore del sito «Nella fertilità cresce il tempo», collaboratore della rivista «La Fionda» e del sito «L’Interferenza». È autore dei volumi Dipendenza. Capitalismo e transizione multipolare (Meltemi, 2020) e Classe e partito. Ridare corpo al fantasma del collettivo (Meltemi, 2023).
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