Lo pseudo-accordo commerciale trans-atlantico tra Unione Europea e Stati Uniti, raggiunto in Scozia sotto la supervisione di Ursula Von der Leyen e Donald Trump a poche ore di distanza dalla figura barbina rimediata dalla delegazione europea in Cina, continua a far discutere. L’intesa impegna gli Stati Uniti a imporre dazi nei confronti dei beni europei del 15%, contro il 30% annunciato da Washington nei giorni scorsi, ma vincola soprattutto l’Unione Europea ad azzerare sostanzialmente le proprie tariffe sui prodotti statunitensi, ad importare dagli Usa vaste quantità di armi ed energia per un controvalore di 750 miliardi di dollari e ad investire 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti. Il tutto prima che scada il mandato di Trump. Rimangono in vigore i dazi statunitensi del 50% su acciaio e alluminio e resta per il momento ignota l’entità delle barriere tariffarie su prodotti farmaceutici e semiconduttori, mentre tramonta qualsiasi prospettiva di tassa digitale europea sulle piattaforme statunitensi, nei confronti delle quali si preannuncia una applicazione alquanto “morbida” dei termini previsti dal famigerato Digital Services Act. Per il “vecchio continente”, si tratta di una débâcle totale, a dispetto delle valutazioni positive espresse dal primo ministro italiano Giorgia Meloni che si è posta in controtendenza rispetto alle autorità francesi e tedesche. La Von der Leyen e i suoi collaboratori, dal canto loro, si sono difesi sottolineando per tramite del portavoce della Commissione Europea al Commercio Olof Gill che, nelle trattative con gli Stati Uniti, la delegazione si è strettamente attenuta al mandato ricevuto dai singoli Paesi europei, e che l’intesa raggiunta va in ogni caso accolta con soddisfazione in quanto protettiva degli interessi comunitari e capace di scongiurare una guerra commerciale transatlantica. Senonché, 11 Paesi membri hanno richiesto alla Commissione un’azione maggiormente incisiva per difendere il settore dell’acciaio, mentre Bruxelles pubblica un testo chiarificatore dell’accordo appena siglato che presenta non poche difformità rispetto a quello pubblicato dalla Casa Bianca. Le divergenze riguardano in particolare i dazi su prodotti farmaceutici e semiconduttori, il tema della tassa digitale europea e la configurazione stessa dell’intesa, che secondo il documento diffuso dalla Commissione Europea non sarebbe giuridicamente vincolante poiché Unione Europea e Stati Uniti «oltre a intraprendere le azioni immediate concordate, negozieranno ulteriormente in linea con le rispettive procedure interne».
Alessandro Volpi

Saggista, collaboratore di «Altraeconomia» e «Valori» e docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. È autore di numerosi volumi, tra cui Prezzi alle stelle. Non è inflazione, è speculazione (Laterza, 2023), I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia (Laterza, 2024), Nelle mani dei fondi. Il controllo invisibile della grande finanza (Altraeconomia, 2024), L’America secondo Trump. Prospettive economiche e scenari globali (La Vela, 2025).
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