Lo scorso mercoledì 21 maggio, l’asta attraverso cui il Dipartimento del Tesoro pianificava di collocare Treasury Bond a scadenza ventennale per un controvalore di 16 miliardi di dollari si è risolta in un sostanziale insuccesso, intensificando le pressioni al rialzo sui rendimenti dei Treasury a 20 anni. Anche gli interessi sui titoli a 10 anni e a 30 anni stanno disegnando una traiettoria ondivaga ma tendenzialmente ascendente, nonostante la recente “tregua tariffaria” raggiunta con la Cina. L’effetto catalizzatore alla base della débâcle è dato dal declassamento operato il venerdì precedente da Moody’s, che ha sottratto la massima valutazione (AAA) al debito federale statunitense per la prima volta dal 1919 allineandosi ai pronunciamenti della stessa natura formalizzati da Standard & Poor’s e Fitch. Il giudizio di Moody’s nasce dall’impressione che «la pur sussistente forza economica e finanziaria degli Usa non compensa più il declino dei parametri fiscali». Moody’s evidenzia inoltre che «governi e Congresso hanno finora fallito nel concordare misure in grado di ridurre i disavanzi fiscali e il costo degli interessi», esprimendo per di più la convinzione che le misure messe in cantiere dall’amministrazione Trump aggraveranno sostanzialmente la situazione. Il riferimento è al disegno di legge comprensivo di tagli delle tasse per circa 4.000 miliardi e riduzioni della spesa pubblica pari a 1.500 miliardi. In questo quadro si inserisce il tour diplomatico che Trump, accompagnato dal gotha di Wall Street, della Silicon Valley e del complesso militar-industriale, ha realizzato nella penisola araba. La visita ha fruttato impegni di investimento da parte dei vertici istituzionali di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar per un ammontare di oltre 2.000 miliardi di dollari. Parallelamente, Trump ha minacciato dazi del 50% nei confronti dell’Unione Europea, con particolare riferimento alla Germania, che nel 2024 ha superato il Giappone affermandosi primo Paese al mondo per posizione finanziaria netta positiva.
Giuseppe Masala

Economista, analista politico, gestore dell’omonimo canale Telegram e collaboratore della testata telematica «L’Antidiplomatico».
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