Al termine della parata militare organizzata dal Cremlino in occasione dell’ottantesimo anniversario della vittoria degli alleati sulla Germania nazista, alla quale hanno partecipato alti rappresentanti istituzionali di mezzo mondo, il presidente Putin ha proposto la riattivazione di negoziati diretti, senza alcuna precondizione, a Istanbul, dove dovrebbe recarsi anche Donald Trump che ha espresso grande apprezzamento per gli sviluppi in corso. ricevendo segnali di apertura da parte di Kiev. La “troijka” europea, formata da Starmer, Macron e Merz, ha invece bollato come “insufficiente” la proposta russa perché non comprensiva di una tregua di 30 giorni, fortemente gradita al presidente Zelensky. Nel tentativo di imporla a Mosca, i leader europei hanno minacciato ulteriori sanzioni in caso di mancato accoglimento da parte del Cremlino. Parallelamente, sul fronte mediorientale, si è assistito in una manciata di giorni alla conclusione delle operazioni militari statunitensi contro lo Yemen senza che gli Houthi ponessero fine ai loro attacchi contro Israele; alla ripresa dei negoziati con Teheran imperniati sulla questione del nucleare iraniano; all’interruzione dei contatti diretti tra Trump e Netanyahu; alla rimozione dal ruolo di consigliere per la Sicurezza Nazionale di un “super-falco” anti-iraniano come Michael Waltz; alla cancellazione della visita già programmata in Israele del segretario alla Difesa Pete Hegseth, che ha preferito accompagnare Trump nel suo tour diplomatico nella penisola araba. Secondo alcune fonti di alto livello sentite da «Reuters», Trump si sarebbe spinto perfino a sostenere l’avvio del programma nucleare civile messo in cantiere dall’Arabia Saudita indipendentemente dalla disponibilità di quest’ultima a normalizzare le relazioni con Israele. Ma c’è addirittura di più. Stando a quanto riportato dal «Jerusalem Post» sulla base di confidenze rese da un funzionario di alto livello appartenente a un non specificato Paese del Golfo Persico, durante la sua visita in Arabia Saudita il presidente degli Stati Uniti «rilascerà una dichiarazione riguardante lo Stato di Palestina e il suo riconoscimento – senza Hamas – da parte degli Stati Uniti. Si tratterebbe di una dichiarazione in grado di modificare radicalmente l’equilibrio di potere in Medio Oriente, portando altri Paesi ad aderire agli Accordi di Abramo». Il cambio di registro varato dall’amministrazione Trump ha suscitato sconcerto in seno alla classe dirigente israeliana. Michael Oren, già ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, ha dichiarato a «Bloomberg» che «quando la destra israeliana esultava per l’elezione di Trump, ho esortato tutti alla cautela. Ma quello che sta succedendo va anche oltre quello che temevo. Donald Trump è un problema per il mondo intero. Pensavamo che saremmo stati trattati in modo diverso. Ci sbagliavamo». Lo stesso Netanyahu ha dichiarato dinnanzi alla Commissione Esteri e Difesa della Knesset che, a suo avviso, Israele dovrebbe «disintossicarsi dall’assistenza militare statunitense».
Marco Bertolini

Generale di corpo d’armata, presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia e saggista. È stato alla testa del Comando Operativo di Vertice Interforze e in precedenza del Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali, della Brigata Paracadutisti Folgore e del 9° reggimento incursori Col Moschin. Ha ricoperto numerosi incarichi in molti teatri operativi tra i quali Libano, Somalia, Balcani e Afghanistan. È autore di numerosi volumi, tra cui Militarmente scorretto. Sovranità, libertà, dignità. Riflessioni di un soldato italiano (Eclettica Edizioni, 2020), Guerra e pace al tempo di Putin. Genesi del conflitto ucraino e nuovi equilibri internazionali (Cantagalli, 2022).