A pochi giorni di distanza dal referendum consultivo tenutosi in Moldavia, che ha visto una leggerissima maggioranza dei votanti esprimersi a favore dell’inserimento in Costituzione di una clausola che identifica l’integrazione nell’Unione Europea come obiettivo strategico, le elezioni in Georgia hanno consacrato la vittoria con oltre il 54% dei voti del partito Sogno Georgiano. Vale a dire la forza politica che solo pochi mesi fa è riuscita ad introdurre, nonostante le fortissime pressioni occidentali, un provvedimento che impone alle associazioni che ricevono oltre il 20% dei finanziamenti dall’estero di iscriversi in un apposito registro del Ministero degli Interni. I partiti di opposizione filo-europei, United National Movement e Coalition for Change, si sono rifiutati di riconoscere i risultati annunciati dalla Commissione Elettorale, denunciando brogli e interferenze russe. La presidente georgiana Salome Zourabichvili si è unita al coro, dal canto suo, invitando per di più la popolazione a scendere in piazza in segno di protesta. «Questa – ha dichiarato la Zourabichvili – è stata una vera e propria frode elettorale, un furto completo di voti, un’operazione russa, una nuova forma di guerra ibrida sferrata dalla Russia». Con una dichiarazione congiunta i governi di Germania, Canada, Estonia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Svezia e Ucraina hanno dichiarato di non riconoscere i risultati elettorali in Georgia. Parliamo di questa delicatissima situazione assieme ad Aldo Ferrari, saggista e professore ordinario presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove insegna Lingua e Letteratura Armena, Storia dell’Eurasia, Storia del Caucaso e dell’Asia Centrale.
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