Nei giorni scorsi, la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha annunciato ReArm Europe, un piano di riarmo su scala comunitaria da 800 miliardi di euro inteso a costruire, alla luce del radicale riposizionamento degli Stati Uniti sotto l’egida dell’amministrazione Trump, una solida deterrenza a fronte del supposto “imperialismo russo”. La Von der Leyen ha dichiarato che «l’Europa ha tutto ciò che le serve per prendere il comando nella corsa alla competitività. Questo mese, la Commissione presenterà l’Unione del Risparmio e degli Investimenti. Trasformeremo i risparmi privati in investimenti necessari. E lavoreremo con i nostri partner istituzionali per farli decollare». Per favorire il processo, la Banca Centrale Europea tagliato il tasso di interesse sui depositi al 2,5% in un’ottica di abbassamento del costo del debito, così da indurre il sistema bancario a canalizzare liquidità verso il settore della difesa, su cui stanno convergendo i capitali in uscita dai comparti farmaceutico e hi-tech (con particolare riferimento ai segmenti riconducibili alla “transizione ecologica) sotto la regia dei grandi fondi d’investimento statunitensi. Alcune aziende come Rheinmetall, fiutata l’aria che tira, stanno procedendo alla conversione dei propri stabilimenti preposti alla produzione civili in fabbriche di materiale bellico. In pochissimi hanno richiamato l’attenzione sul fatto che, sebbene l’Unione Europea abbia destinato complessivamente al settore della difesa 457 miliardi di dollari contro i 145,9 riconducibili alla Russia (dati del 2024), quest’ultima, come denunciato a gennaio dal segretario generale della Nato Mark Rutte, «sforna in tre mesi il volume di materiale bellico che l’Alleanza Atlantica, da Los Angeles ad Ankara, è in grado di produrre nell’arco di un anno». Segno che ReArm Europe va a innestarsi in un processo di corsa agli armamenti già avviato, come certificato dai dati forniti dal Sipri di Stoccolma. Simultaneamente, i negoziatori statunitensi e ucraini hanno definito una proposta di pace condivisa da presentare alla Russia, di cui non sono stati tuttavia resi noti i termini precisi. Parliamo di tutto questo assieme a Pierluigi Fagan, ex manager di imprese multinazionali, studioso della complessità e saggista.
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