Mentre le forze armate russe avanzano nel Donbass e riconquistano gran parte dei territori dell’oblast’ di Kursk interessati dall’offensiva ucraina sferrata lo scorso agosto, i negoziatori statunitensi e ucraini definiscono a Jeddah una proposta di pace condivisa da presentare alla Russia, di cui non sono stati tuttavia resi noti i termini precisi. Dalla dichiarazione congiunta pubblicata a margine dell’incontro si evince che la bozza contemplerebbe una tregua di 30 giorni rinnovabile a seconda della volontà delle parti, impegnando al contempo gli Stati Uniti a riattivare il flusso di materiale militare e dati di intelligence a favore di Kiev indipendentemente dal raggiungimento di un accordo con Mosca. A dispetto del pur comprensibile entusiasmo generale suscitato dall’intensificazione attivismo diplomatico statunitense, le probabilità che Mosca accetti una proposta del genere appaiono remotissime. Una tregua in una condizione di oggettiva e crescente difficoltà delle forze armate ucraine, associata alla prosecuzione delle forniture di fondi e attrezzature militari da parte dell’Unione Europea e alla ripresa del sostegno statunitense a Kiev, delinea un quadro piuttosto simile a quello definito dagli Accordi di Minsk, parimenti rivolto ad assicurare all’Ucraina una finestra temporale utile per riorganizzarsi, riarmarsi, rilanciare la produzione bellica interna, ripristinare linee logistiche e rete elettrica, allestire fortificazioni in prossimità del fronte. Lo hanno chiarito senza mezzi termini sia il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, sia il consigliere del Cremlino Dmitrij Suslov, che nel corso di un’intervista al «Correre della Sera» ha specificato che: «Trump vuole rafforzare l’egemonia americana, minando la più forte istituzione anti-egemonica, i Brics. Questo va contro gli interessi russi. Non guasteremo i rapporti con Cina, Iran e Corea del Nord. L’America rimane il nostro avversario. Non daremo via le relazioni che ci hanno assicurato la sopravvivenza negli ultimi tre anni. In nome di cosa, poi? Trump non sarà lì per sempre». Ne parliamo assieme a Jacques Baud, saggista ed ex colonnello dell’intelligence svizzera specializzato in questioni russe ed europee, con impieghi presso la Nato e le Nazioni Unite.
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