Lo scontro verbale verificatosi lo scorso venerdì 28 febbraio a Washington, all’interno dello Studio Ovale, tra il presidente Zelensky, il presidente Trump e il vicepresidente Vance ha suscitato grande clamore. Quella che si preannunciava come una sorta di conferenza stampa congiunta “di rito”, in cui l’ospite comunicava urbi et orbi la sottoscrizione di un accordo che impegnava gli Stati Uniti a proseguire il sostegno militare e finanziario all’Ucraina in cambio di concessioni sulle terre rare si è invece rivelato un confronto di inaudita durezza davanti alle telecamere. Immediate e svariate le reazioni. «La parte americana sembrava intenzionata a provocare uno scontro», ha dichiarato alla rivista «Politico» l’ex ambasciatore statunitense in Polonia Daniel Fried. Il quale ha poi aggiunto che «assumere un simile atteggiamento nello Studio ovale, quando ottieni ciò che hai chiesto, ovvero una firma sull’accordo sui minerali, non può essere facilmente spiegato o compreso in termini di interesse americano». Anche sul piano politico le implicazioni non sono tardate a verificarsi. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno sospeso l’assistenza a Kiev in materia di riparazione degli impianti di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, e iniziato a valutare l’interruzione di qualsiasi forma di sostegno all’Ucraina. Anche i repubblicani più disallineati rispetto alla linea di Trump, come il senatore Lindsey Graham, hanno elogiato l’atteggiamento fermo tenuto dal presidente e sottolineato l’inadeguatezza di Zelensky. Gli europei, dal canto loro, hanno espresso solidarietà a Zelensky e tenuto incontri volti a riorganizzare il supporto all’Ucraina alla luce del cambio di registro di Washington, salvo poi subordinare la propria disponibilità a perseguire il sostegno a Kiev alla preservazione di un “forte sostegno statunitense”. Intanto, il deputato della Verkhovna Rada Oleksandr Dubinsky ha convocato una sessione parlamentare d’emergenza per discutere l’impeachment di Volodymyr Zelensky, e il «Financial Times» ha rivelato che «membri della squadra di Trump considerano il Nord Stream-2 una risorsa strategica la cui riattivazione può essere sfruttata nei colloqui di pace». Ne parliamo assieme ad Andrea Zhok, professore di Filosofia Morale presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e saggista.
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