Pochi giorni dopo lo scatenamento dell’operazione che ha portato all’esplosione di migliaia di cercapersone, walkie-talkie ed apparecchiature elettroniche di vario genere in possesso di altrettanti cittadini libanesi, Israele ha attaccato pesantemente il Libano prendendo di mira quartieri residenziali, infrastrutture e i vertici sia civili che militari di Hezbollah. A sua volta, il Partito di Dio ha risposto con il lancio di un nugolo di missili in territorio israeliano, in attesa che l’Israeli Defense Force lanci l’invasione di terra, denominate “Frecce del Nord”. In appena un giorno, circa 500 libanesi sono morti per effetto dei bombardamenti israeliani, a fronte delle circa 1.200 vittime mietute nel conflitto del 2006, protrattosi per poco meno di un mese. Nel suo primo discorso da quando gli ordigni sono stati fatti esplodere, il leader di Hezbollah Sayed Nasrallah ha riconosciuto che il suo gruppo ha «subìto un colpo duro e crudele», accusato Israele di infrangere «tutte le convenzioni e le leggi» e promesso che il nemico avrebbe «affrontato una giusta punizione e un’amara resa dei conti». Più specificamente, Nasrallah ha chiarito che «il nemico dichiara come suo obiettivo ufficiale quello di riportare i coloni al nord. Accettiamo la sfida: non torneranno al nord. Di fatto, obbligheremo altri israeliani ad abbandonare le proprie case. Ci auguriamo che Israele entri in Libano, stiamo aspettando i loro carri armati giorno e notte». Stiamo orientandoci verso un conflitto israelo-libanese paragonabile a quello del 1982? O siamo alla vigilia di una grande guerra regionale destinata a coinvolgere le grandi potenze mondiali? Cerchiamo di comprenderlo assieme a Roberto Iannuzzi, arabista, saggista, analista geopolitico gestore del sito «Intelligence for the People».
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