Lo scorso 18 novembre, sulla grande stampa occidentale sono comparse indiscrezioni circa la concessione da parte degli Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna del via libera a Kiev per l’impiego di missili a lungo raggio contro il territorio russo, come ritorsione rispetto al dispiegamento di migliaia di soldati nordcoreani all’interno della Federazione Russa. La decisione, assunta con due mesi di anticipo rispetto all’insediamento dell’amministrazione Trump, ha portato le forze armate ucraine a lanciare missili Atacms e Storm Shadow contro obiettivi situati presso gli oblast’ russi di Briansk e Kursk. Gli attacchi implicano inesorabilmente un incremento del coinvolgimento nel conflitto degli sponsor occidentali dell’ucraina, e sono stati sferrati in concomitanza con la sottoscrizione da parte del presidente Putin del decreto che aggiorna la dottrina nucleare russa. Nel documento si afferma che Mosca prenderebbe in considerazione il ricorso all’arma atomica in caso di aggressione convenzionale contro la Federazione Russa e la Repubblica di Bielorussia, nell’eventualità che si venga a determinare una minaccia alle sovranità e/o integrità territoriali delle due nazioni. La svolta varata dall’amministrazione Biden, ormai agli sgoccioli, complica il raggiungimento degli obiettivi dichiarati dal presidente eletto Donald Trump. Il quale si accinge a completare la formazione della propria squadra di governo, suscitando critiche e polemiche d’ogni sorta per il genere di profili selezionati. Parliamo di tutto questo assieme a Roberto Buffagni, studioso di questioni strategiche, scrittore e collaboratore del sito «Italia e il Mondo», e con Giuseppe Germinario, che del sito è gestore e animatore.
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