Poche ore fa, a coronamento di un conflitto che ha coinvolto Israele, Iran e Stati Uniti, il presidente Trump ha annunciato una tregua provvisoria tra Israele e Iran che ha dato fin da subito segnali di forte precarietà. Dopo aver colpito con bombe Gbu-57S e missili Tomahawk gli impianti nucleari iraniani i Natanz, Fordow e Isfahan, gli Stati Uniti tornano quindi – sulla falsariga di quanto accaduto rispetto al conflitto russo-ucraino – ad atteggiarsi a mediatori più o meno super partes, a fronte di proteste ufficiali formulate da gran parte del mondo nei confronti dell’Operazione Midnight Hammer e del rapido sgretolamento della base elettorale su cui Trump aveva costruito il movimento Make America Great Again (Maga). La situazione appare paradossale, con i governi di Teheran, Tel Aviv e Washington che dichiarano simultaneamente di aver prevalso sulle controparti nell’ambito di uno scontro che sembra tutt’altro che chiuso.
Maurizio Boni

Generale di corpo d’armata, giornalista, saggista e collaboratore della rivista «Analisi Difesa». Ha ricoperto numerosi incarichi, tra cui vicecomandante dell’Allied Rapid Reaction Corps di Innsworth, capo di stato maggiore del Nato Rapid Reaction Corps Italy di Solbiate Olona, capo reparto pianificazione e politica militare dell’Allied Joint Force Command Lisbon a Oeiras e vicecapo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. È autore di numerosi volumi, tra cui L’esercito russo che non abbiamo studiato. Le operazioni militari terrestri dell’esercito della Federazione Russa in Ucraina (Il Cerchio, 2023) e La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo (Il Cerchio, 2024).
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