A pochi giorni di distanza dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, continua ad infervorare il dibattito volto all’individuazione di vie d’uscita dal vicolo cieco ucraino che consentano di minimizzare l’impatto catastrofico della sconfitta di Kiev e dei suoi sponsor occidentali. Lo stesso segretario generale della Nato Mark Rutte ha riconosciuto che l’Ucraina non è nelle condizioni per negoziare da una posizione di forza. La prospettiva sempre più concreta della disfatta sul campo di battaglia ucraino intacca l’immagine internazionale dell’Occidente collettivo e del suo “azionista di maggioranza” statunitense, che dietro il pungolo di Israele – che potrebbe accettare un cessate il fuoco provvisorio a Gaza – continua a promuovere un continuo “tintinnio di sciabole” nei confronti dell’Iran. Il quale ha subito un pesante rovescio con il collasso dell’alleata Repubblica Araba Siriana, ma si appresta di qui a brevissimo a sottoscrivere una partnership strategica globale con la Russia modellata sul calco dell’analoga intesa siglata mesi addietro tra Mosca e Pyongyang. Quale bilancio è possibile trarre dall’anno appena trascorso, e quali scenari si possono ipotizzare per quello iniziato da pochi giorni? Cerchiamo di rispondere a questi gravosi quesiti assieme a Roberto Iannuzzi, arabista, analista geopolitico, saggista e animatore del sito «Intelligence for the People».
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