Nella notte tra il 21 e il 22 giugno, gli Stati Uniti hanno lanciato l’atteso attacco contro gli impianti nucleari iraniani di Natanz, Fordow e Ishfahan. I siti sono stati colpiti con missili Tomahawk lanciati da un sottomarino classe Ohio e bombe ad alto potenziale Gbu-57S sganciate da bombardieri B-2 Spirit, decollati dal Missouri. L’Operazione Midnight Hammer non ha registrato il coinvolgimento di alcuna base statunitense all’estero, né, a dispetto degli annunci trionfalistici del presidente Trump, danni irreparabili al programma nucleare dell’Iran poiché – stando a quanto dichiarato dagli iraniani – il materiale sensibile presente all’interno degli impianti sotterranei era stato trasferito giorni addietro. L’imminenza del raid, scrive «Reuters» basandosi su confidenze di alto livello, sarebbe stata comunicata in anticipo da Washington alle autorità di Teheran, che per il momento hanno reagito intensificando gli attacchi missilistici contro il territorio israeliano senza prendere di mira basi militari statunitensi in Medio Oriente. Il ministro degli Esteri iraniano Araghchi si è recato a Mosca per consultazioni, mentre il Parlamento iraniano ha deliberato la chiusura dello Stretto di Hormuz, sulla quale si pronuncerà in via definitiva il Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale iraniano. Sul punto, vale la pensa evidenziare che il segretario di Stato Marco Rubio avrebbe contattato le autorità di Pechino per indurle a convincere i vertici iraniani a desistere dal proposito di chiudere la fondamentale arteria del commercio energetico globale. Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano «Yedioth Ahronoth» sulla scorta di rivelazioni formulate da anonimi funzionari di Tel Aviv, il governo Netanyahu avrebbe manifestato disponibilità ad accettare una tregua qualora Teheran interrompesse gli attacchi e palesasse intenzioni dello stesso tenore. Parallelamente, dalla base elettorale e da alcune figure chiave del movimento “Maga” vanno irradiandosi segnari di forte insofferenza nei confronti di Trump, accusato peraltro da diversi membri del Conresso di aver abusato dell’autorità presidenziale per ordinare l’Operazione Midnight Hammer. Ne parliamo assieme a Marco Carnelos, ex diplomatico con all’attivo incarichi in Somalia, Iraq e Nazioni Unite. Presiede la società di consulenza McGeopolicy e collabora con la testata «Middle East Eye».
Marco Carnelos

Ex diplomatico con all’attivo incarichi in Somalia, Iraq e Nazioni Unite. Presiede la società di consulenza McGeopolicy e collabora con la testata «Middle East Eye».
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