Il vertice della Nato tenutosi a l’Aja lo scorso 25 giugno è destinato con ogni probabilità a passare alla storia. Non tanto per i “contenuti”, quanto per la forma che lo ha caratterizzato. L’evento è stato confezionato su misura per il presidente Trump, che non ha perso l’occasione per atteggiarsi a sovrano capriccioso puntualmente riverito dalla folta schiera di cortigiani, a partire dal segretario generale Mark Rutte. In un sms inviato a Trump la mattina del 25 giugno e reso pubblico da quest’ultimo, Rutte ha esordito sottolineando che l’aggressione statunitense contro l’Iran è stata «davvero straordinaria, qualcosa che nessun altro ha osato fare. Ci rende tutti più sicuri». Rutte ha poi continuato: «stasera all’Aja raggiungeremo un altro grande successo. Non è stato facile, ma siamo riusciti a far firmare a tutti il 5%!». Il riferimento è all’impegno assunto dalla stragrande maggioranza dei Paesi membri della Nato a stanziare il 5% del Pil per la difesa. L’ex premier olandese ha quindi concluso affermando: «Donald, ci hai condotto a un momento davvero, davvero importante per l’America, l’Europa e il mondo. Realizzerai qualcosa che nessun presidente americano è riuscito a fare negli ultimi decenni. L’Europa pagherà, ed è giusto che sia così, e sarà la tua vittoria. Buon viaggio e ci vediamo alla cena di Sua Maestà!». Nella dichiarazione finale partorita da questo vertice surreale, i Paesi membri della Nato sottolineano la «minaccia a lungo termine posta dalla Russia alla sicurezza euro-atlantica» guardandosi però dal parlare di aggressione russa all’Ucraina. Riaffermano altresì «l’impegno a fornire supporto all’Ucraina», ma evitando accuratamente qualsiasi accenno a una futura integrazione dell’Ucraina nell’organizzazione. Significativamente, il ministro della Difesa Crosetto aveva dichiarato pochi giorni prima del vertice dell’Aja che: «il centro del mondo non sono più gli Stati Uniti e l’Unione Europea: la Nato si adegui ai temi cambiati. Se la Nato è nata per garantire la pace e la mutua difesa o diventa un’organizzazione che si prende questo compito parlando con il Sud del mondo oppure non raggiungeremo l’obiettivo di avere sicurezza all’interno di regole che valgano per tutti».
Maurizio Boni

Generale di corpo d’armata, giornalista, saggista e collaboratore della rivista «Analisi Difesa». Ha ricoperto numerosi incarichi, tra cui vicecomandante dell’Allied Rapid Reaction Corps di Innsworth, capo di stato maggiore del Nato Rapid Reaction Corps Italy di Solbiate Olona, capo reparto pianificazione e politica militare dell’Allied Joint Force Command Lisbon a Oeiras e vicecapo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. È autore di numerosi volumi, tra cui L’esercito russo che non abbiamo studiato. Le operazioni militari terrestri dell’esercito della Federazione Russa in Ucraina (Il Cerchio, 2023) e La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo (Il Cerchio, 2024).
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